Lucrezio, De Rerum Natura, traduzione di Antonio Vigilante.
Proemio
Argomento del libro
I movimenti degli atomi
La velocità degli atomi
Il mondo non è governato dagli dei
I corpi si muovono verso il basso
La deviazione degli atomi
La volontà libera
L’insieme della materia permane uguale
Forme degli atomi
La varietà delle forme degli atomi è limitata
Il numero degli atomi di ogni forma è illimitato
La Madre Terra
Differenziazione degli atomi
Gli atomi non hanno colore
Gli atomi sono privi di qualità secondarie
Gli atomi sono privi di sensibilità
Il ciclo della vita
La pluralità dei mondi
Nulla in natura è unico
Solo la natura governa il mondo
La decadenza del mondo
È dolce, quando il vasto mare è preda
della furia dei venti contemplare
stando a terra la grande angoscia altrui;
e non perché ci dia qualche piacere
il tormento degli altri; dolce invece
è sapersi al sicuro da quei mali.
5 Dolce pure è osservare la battaglia
di grandi eserciti schierati in campo
senza alcuna minaccia di pericolo.
Niente però è più dolce del rifugio
nella fortezza sicura e serena
della dottrina dei sapienti e sporgersi
10 ad osservare gli altri, che si perdono
di qua e di là, errando alla ricerca
d’una via della vita, gareggiando
in ingegno oppure in nobiltà
o sforzandosi ancora, notte e giorno,
con immensa fatica per emergere
alla ricchezza e al potere più grandi.
O miserabili menti degli uomini!
15 O cuori ciechi! In mezzo a quante tenebre
e pericoli passa questa vita
così breve! Davvero non vedete
che la natura null’altro reclama
se non un corpo privo di dolore
ed un animo pieno di piacere,
libero da ogni cura ed ogni affanno?
20 Il nostro corpo è fatto in modo tale
che gli basta ben poco per rimuovere
il dolore e ottenere ogni piacere.
Talora, quando mancano le statue
25 dorate di fanciulli che sorreggono
con la destra le fiaccole, a far luce
ai banchetti notturni, o se il palazzo
non rimanda bagliori d’oro e argento
né il suono delle cetre si solleva
fino ai soffitti decorati d’oro,
alla nostra natura basta starsene
30 sdraiati in riva a un fiume, sopra l’erba
soffice, sotto un albero maestoso,
dando piacere al corpo in modo semplice,
soprattutto se il tempo è favorevole
e la bella stagione fa spuntare
nell’erba fiorellini colorati.
Né la febbre abbandona prima il corpo
se t’agiti tra drappi ricamati
35 o nell’abbraccio di stoffe di porpora
invece di dormire in una semplice
veste plebea. E poiché tesori o gloria
o nobilità non sono di vantaggio
alcuno per il corpo, c’è da credere
che siano indifferenti anche per l’animo.
40 Guardare i tuoi soldati in campo aperto
dar vita a una parvenza di battaglia
con afflusso di truppe e cavalieri,1
e schierarli, dotati al tempo stesso
delle armi e della brama di combattere,
o scorgere le navi farsi largo
velocemente: forse spaventate
45 da queste scene le idee religiose2
fuggono via dal tuo animo, oppure
i terrori di morte si allontanano
dal tuo cuore e lo sciolgono dall’ansia?
Ma tutto questo appare ben ridicolo,
cose su cui scherzare. Le paure
e gli affanni che sempre ci accompagnano
non si lasciano certo spaventare
dal rumore delle armi o dagli scontri
50 e dimorano, audaci, presso i re
e i potenti e non hanno alcun rispetto
del luccichio dell’oro o del fulgore
d’una veste di porpora; perché
dubiti che il potere di sconfiggerli
appartenga soltanto alla ragione?
55 Come i bambini tremano nel buio
e temono ogni cosa, così noi
in piena luce temiamo talvolta
cose non più terribili di quelle
che i bambini paventano nel buio
e credono che stiano per succedere.
Perché questi terrori, queste tenebre
dell’animo svaniscano non servono
60 il sole coi sui raggi e lo splendore
del giorno, ma l’esatta conoscenza
della natura e delle sue ragioni.
Ora dirò in che modo i corpi primi
della materia formano le cose
e una volta create le dissolvono,
quale forza li spinga a fare ciò
65 e quale agilità sia data loro
per muoversi nel vuoto. Tu ricorda
di prestare attenzione alle parole.
La materia, è certo, non è tutta
stipata in sé. Vediamo che le cose
si restringono e quasi le avvertiamo
disfarsi lentamente fino a quando
70 il tempo le sottrae al nostro sguardo;
ma l’insieme del mondo appare intatto.
Accade perché gli atomi che lasciano
un corpo, riducendolo, si aggiungono
ad un altro accrescendolo; se il primo
incanutisce il secondo fiorisce;
75 né si fermano lì. Così l’insieme
del mondo si rinnova di continuo.
La vita dei mortali è nello scambio.
Cresce una specie ed un’altra declina,
nel volgere del tempo si trasformano
tutti i viventi e simili ad atleti
si passano la fiamma della vita.
80 Se credi che i principi delle cose
possano mai fermarsi e tuttavia
da fermi generare i movimenti
dei nuovi corpi vaghi ben lontano
da ciò che è vero. Infatti poiché vagano
questi corpi nel vuoto è necessario 3
che accada per il loro stesso peso
85 o per un colpo forte dall’esterno.
Spesso succede infatti che si scontrino
rimbalzando in direzioni opposte;
la cosa non sorprende: sono duri,
pesanti e solidi e nulla da dietro
li trattiene. Comprendi meglio il moto
90 di tutta la materia se consideri
che l’universo non ha fondo alcuno,
un luogo in cui si possano posare
gli atomi. Ho già dimostrato, con solide
ragioni, che lo spazio è senza fine
e in ogni direzione s’apre immenso.
95 Stando così le cose non sorprende
che nel vuoto profondo non sia data
agli elementi primi quiete alcuna,
ma agitati da un moto assiduo e vario
si scontrino, ed alcuni dopo l’urto
siano sbalzati lontano, mentre altri
100 restano a breve distanza. Quegli atomi
che rimbalzano meno e si riuniscono
in uno spazio più angusto, impacciati
dalla loro figura aggrovigliata
compongono la base dura e solida
della pietra, del ferro e d’altre cose
105 simili. I pochi atomi che invece
vagano per il grande vuoto, spinti
lontano, a grandi intervalli, ci danno
l’aria leggera e la luce magnifica
del sole. Molti invece si disperdono
110 nel vuoto, non riuscendo ad aggregarsi
agli altri atomi e ad accordare i moti.
Di ciò che dico abbiamo sempre avanti
ai nostri occhi l’immagine e l’esempio:
115 se in una stanza buia filtra un raggio
di sole puoi vedere molti corpi
minuti volteggiare e mescolarsi
nel vuoto ed animare una battaglia
continua raggruppandosi in eserciti
120 che si scontrano e quindi si allontanano
senza tregua. Da ciò si può comprendere
in che modo si muovano nel vuoto
immenso gli elementi primordiali
per quanto possa cosa tanto piccola
darci un modello e una traccia d’indagine
per conoscere cose ben più grandi.
125 E c’è un’altra ragione per guardare
con attenzione simili pulviscoli
illuminati da un raggio di sole:
il loro turbinare manifesta
i moti sottostanti alla materia
segreti ed invisibili. Vedrai
molti di questi corpuscoli prendere
130 all’improvviso un’altra direzione
per impulso di forze non visibili
e ancora poi tornare indietro, spinti
di qua e di là, dappertutto. È evidente
che tutto questo movimento nasce
dagli atomi. Per primi essi si muovono
da sé; quindi si muovono quei corpi
formati da pochi atomi e più prossimi
135 per così dire alla loro energia;
si muovono pertanto per la spinta
sottostante e invisibile degli atomi,
e a loro volta sospingono corpi
un po’ più grandi. Così il movimento
iniziato dagli atomi si accresce
e giunge gradualmente ai nostri sensi
140 fino a spingere i corpi che vediamo
in un raggio di sole, benché gli urti
che lo causano restino nascosti.
Adesso, o Memmio, analizziamo in breve
quale mobilità abbiano i corpi
primi della materia. Quando nasce
l’aurora e sparge luce sulle terre
145 e vari uccelli attraversano in volo
i boschi inaccessibili colmando
l’aria leggera con le voci limpide
tutti vediamo chiaramente come
il sole, appena sorto, inondi e vesta
con la sua luce all’istante ogni cosa.
150 Ma la luce serena ed il calore
del sole non si spandono nel vuoto,
e procedono infatti un po’ impacciati
quasi fendessero le onde dell’aria.
Gli atomi del calore non si spandono
singolarmente ma intrecciati e uniti
155 si frenano a vicenda e al tempo stesso
vengono ostacolati dall’esterno;
ciò li costringe ad andare più lenti.
Ma gli elementi primi sono semplici
e solidi; trascorrono nel vuoto
senza che nulla da fuori li ostacoli
ed essendo compatti e ben uniti
160 se si muovono verso qualche luogo
lo fanno tutti insieme, con un unico
slancio e per questo sono rapidissimi,
ancora più veloci della luce
del sole e mentre questa colma il cielo
attraversano spazi ben più grandi.4
***
165 né seguire ogni singolo principio
per comprendere come tutto accada.
Alcuni che non sanno com’è fatta
la materia ritengono che senza
un intervento divino non possa
la natura accordarsi così bene
170 ai bisogni degli uomini: mutare
le stagioni, far crescere le messi,
e tutte le altre cose con le quali
il piacere divino, che è la guida
della vita, seduce noi mortali
con le gioie del sesso a riprodurci
e impedire che muoia il nostro genere.
175 Ritenendo che tutto ciò sia fatto
dagli dei per il bene di noi uomini
costoro si allontanano dal vero
e non di poco. Se pure ignorassi
come son fatti gli elementi primi
oserei confermare, per le stesse
leggi del cielo e molte altre ragioni,
180 che il mondo non ha origine divina
e non esiste per il nostro bene:
tanti sono i difetti di cui è colmo!
Di questo, Memmio, ti dirò ampiamente
più oltre. Ora vediamo cosa resta
da sapere riguardo al movimento.
È il momento, mi sembra, di mostrarti
185 al riguardo che nessun corpo può
sollevarsi con la sua sola forza
e andare verso l’alto; e non ti ingannino
gli atomi della fiamma. Si sviluppano,
è vero, verso l’alto, come accade
anche agli arbusti e alle floride messi
190 mentre i corpi pesanti sono spinti
spontaneamente verso il basso. Quando
il fuoco giunge al tetto delle case
e la fiamma lambisce rapidissima
il soffitto e le travi non accade
spontaneamente, senza che lo spinga
una forza dal basso. E così il sangue
195 quando zampilla come una fontana
da una ferita del corpo. Considera
con quanta forza poi l’acqua respinge
le travi e i tronchi. Quanta più è la foga
con cui li sprofondiamo giù nell’acqua
a più braccia, immergendoli diritti,
con tanto maggior slancio li rigetta
200 e riemergono quasi interamente.
E tuttavia non dubitiamo, credo,
che queste cose tendano da sé
a scivolare giù attraverso il vuoto.
È così che le fiamme si sprigionano
alte nell’aria benché il loro peso
205 le spinga verso il basso. E le comete
che volano di notte su nel cielo
non vedi come lasciano una lunga
scia di fuoco, ovunque la natura
apra una via? Non vedi come cadono
sulla terra le stelle e gli altri astri?
210 Lo stesso sole dall’alto del cielo
diffonde ovunque il calore e dissemina
di luce i campi. Anche il suo calore
pertanto si dirige verso terra.
Attraverso la pioggia vedi i fulmini
scagliarsi e i lampi erompere nel cielo
215 ora qui ora là dietro le nuvole,
ma normalmente tutta questa forza
fiammeggiante si scarica poi a terra.
Su questo tema voglio che tu sappia
anche che i primi elementi cadendo
in linea retta giù nel vuoto, spinti
dal loro peso, in un tempo e in un luogo
imprevedibili hanno un lieve scarto,
220 il minimo perché si possa dire
che il percorso è cambiato. Senza questo
minimo scarto gli elementi primi
scenderebbero dritti giù nel vuoto
profondo, simili a gocce di pioggia,
e senza urti, senza alcun incontro
tra essi la natura non avrebbe
modo di generare alcuna cosa.
225 Si potrebbe pensare che i corpuscoli
più pesanti, che cadono pertanto
più veloci scendendo in linea retta
vadano addosso agli altri più leggeri
e da questi urti nasca il movimento
che genera le cose: ma sarebbe
230 un grave errore. Quando i corpi cadono
attraversando l’acqua o l’aria tersa
lo fanno, certo, andando più veloci
o più lenti in base al loro peso
poiché il corpo dell’acqua e la natura
rarefatta dell’aria non riescono
a opporre uguale resistenza a tutto,
ma cedono di più a ciò che più pesa.
235 Invece il vuoto mai, in nessun luogo
e da nessuna parte può arrestare
una cosa che cade; deve cederle
all’istante poiché così richiede
la sua natura. Tutto ciò che cade
nella quiete del vuoto ha dunque uguale
velocità, qualunque sia il suo peso.
240 Giammai dall’alto i corpi più pesanti
travolgeranno quelli più leggeri
o causeranno gli urti e i mutamenti
grazie ai quali ogni cosa è generata
dalla natura. Perciò, dico ancora,
occorre una leggera deviazione
degli atomi, ma minima davvero,
245 affinché non si creda che pensiamo
dei moti obliqui, che l’osservazione
della realtà dimostrerebbe falsi.
È cosa manifesta e nota a tutti
che cadendo dall’alto nessun peso
per quanto è in sé può andare obliquamente.
Questo fin dove arriva il nostro sguardo.
Chi può dire però che non vi siano
250 scarti che non possiamo percepire?
Se sempre un moto si collega a un altro
e il nuovo nasce dal vecchio, seguendo
un ordine che nulla può cambiare,
se gli atomi non hanno alcuno scarto
che dia principio a nuovi movimenti
infrangendo le leggi del destino,
255 se causa segue a causa all’infinito,
da dove viene, chiedo, sulla terra
agli esseri viventi quella libera
volontà svincolata dal destino
grazie alla quale seguiamo il piacere
ovunque ci conduca, declinando
260 i nostri stessi moti, e non in tempi
e luoghi stabiliti, ma per spinta
autonoma dell’animo? In ognuno
la volontà è senza dubbio al principio
di tali azioni e da essa proviene
il moto che poi passa nelle membra.
Non vedi che i cavalli, quando al circo
si abbassano le sbarre all’improvviso,
non riescono a lanciarsi con la foga
265 che l’animo vorrebbe? Infatti prima
deve eccitarsi tutta la materia
sparsa nel corpo e attivare le membra
finché possono unite dare seguito
al desiderio dell’animo. Vedi
che nel cuore comincia il movimento
270 che per primo procede dal volere;
e da lì si trasmette a tutto il corpo.
Diverso è quando procediamo spinti,
costretti da una grande forza esterna;
in questo caso è evidente che tutta
la materia del corpo è trascinata
275 anche se non vogliamo, fino a quando
la volontà non riprende il controllo.
Non vedi, quando in una grande folla
siamo schiacciati e trascinati via,
che c’è qualcosa in noi, nel nostro petto,
280 che si oppone e si sforza di resistere?
Per nostro arbitrio pure a volte accade
che tutta la materia sia costretta
a piegarsi nelle articolazioni
del corpo, a trattenersi nel bel mezzo
di uno slancio e a raccogliersi all’indietro.
Per questo è necessario riconoscere
che anche nei semi, oltre al peso e agli urti,
285 vi sia un’altra causa, da cui venga
questo potere a noi connaturato;
sappiamo infatti che nulla proviene
dal nulla. Il peso impedisce che tutto
si compia grazie agli urti, per l’azione
per così dire di una forza esterna;
290 ma se l’animo stesso non è spinto
in tutto quel che fa da un’interiore
necessità, se non è sopraffatto,
per così dire, e costretto a patire,
ciò avviene grazie a quello scarto minimo
degli atomi, in un luogo e un tempo incerti.
La materia in tutta la sua massa
non è mai stata più compatta di ora
295 e mai ha avuto interstizi maggiori:
nulla infatti si aggiunge per accrescerla
e nulla se ne perde. Ed è per questo
che il moto attuale degli atomi è uguale
a quello che in passato li agitava
e uguale resterà anche in futuro;
300 ciò che nasceva un tempo nasce adesso
sotto le stesse condizioni, e cresce
e giunge alla sua piena fioritura
per quel che la natura gli ha assegnato.
Né esiste forza che possa mutare
l’insieme delle cose: non c’è un luogo
fuori di esso in cui possa fuggire
305 parte della materia o da cui possa
irrompere una qualche nuova forza
e trasformare tutto l’universo
mettendone in subbuglio i movimenti.
Non desti meraviglia poi che mentre
gli atomi primi sono in movimento
310 il tutto sembra starsene in gran quiete
a eccezione dei corpi che si muovono
per propria iniziativa. La natura
degli atomi è al di sotto della soglia
di ciò che è percepibile dai sensi;
gli atomi si nascondono alla vista
e così accade anche ai loro moti.
315 Del resto anche le cose che vediamo
quando sono lontane spesso celano
i loro moti. Spesso sopra i colli
le pecore si pascono dei prati
abbondanti e si muovono chiamate
dall’erbe tutte fresche di rugiada
320 e giocano ben sazi gli agnellini
spingendosi tra loro dolcemente;
a noi che la guardiamo da lontano
la scena appare vaga, quasi come
se del bianco posasse sopra il verde
del colle. Grandi schiere di soldati
si lanciano nel campo simulando
la battaglia;5 il bagliore delle armi
365 si leva fino al cielo e tutt’intorno
ne risplende la terra. Come un tuono
s’alza il rumore dei passi dal suolo.
Percosse dal fragore le montagne
circostanti rilanciano le voci
fino alle stelle. Volteggiano ai lati
i cavalieri e irrompono ad un tratto
330 nel campo con un impeto terribile.
E tuttavia a chi guardasse la scena
stando su monti lontani i soldati
sembrerebbero fermi nella luce.
Adesso proseguiamo. Ascolta quali
sono i primi principi delle cose
e considera quanto sono vari
335 tra di loro per forma e per figura;
anche se molti hanno una forma simile
non sono mai però del tutto uguali.
E questo non sorprende: dal momento
che, come ti ho insegnato, sono tanti
da non avere fine né totale
340 non è strano che siano differenti
tutti tra loro per forma ed aspetto.
Ecco il genere umano, ecco i banchi
dei pesci muti con le loro squame,
ecco le grasse mandrie,6 ecco le fiere,
ecco gli uccelli che affollano i luoghi
345 ameni dov’è l’acqua – rive, fonti
e laghi – o quelli che col loro volo
violano i boschi sacri – d’ogni specie
prendine pure uno a caso: vedrai
che è ben diverso dagli altri. Ed è questa
350 la ragione per cui le madri e i cuccioli
possono riconoscersi a vicenda.
Lo vediamo: le bestie si conoscono
tra loro proprio come noi umani.
Spesso davanti agli splendidi templi
degli dei, sugli altari profumati
d’incenso viene ucciso un vitellino:
un caldo fiume di sangue gli scende
355 dal petto. Ma la madre, desolata,
percorre senza sosta i verdi anfratti
cerca7 dovunque la bifida impronta
getta lo sguardo inquieto in ogni luogo
se mai vi fosse il cucciolo amatissimo
e si ferma e muggisce tanto forte
da riempire l’intero bosco intorno
e ritorna alla stalla, e poi ancora,
360 straziata dall’assenza di suo figlio,
e né i teneri salici né l’erba
vivida di rugiada né il ruscello
che scorre giù, carezzando la riva,
possono darle alcun conforto o toglierle
la sofferenza che le invade l’animo;
365 né può distrarla o alleviare il dolore
la vista di altri vitelli nel campo
rigoglioso: perché quello che cerca
è proprio suo e lo conosce bene.
E ancora: i teneri capretti dalle
voci tremule sanno riconoscere
la testa bicornuta della madre,
e gli agnellini giocosi la pecora
belante; come vuole la natura
370 accorre ognuno alla propria mammella.
Infine prendi qualsiasi frumento:
benché ogni spiga sia simile alle altre
del medesimo genere c’è sempre
però qualche leggera differenza.
E le conchiglie segnano la terra
375 con colori diversi, dove le onde
dolci del mare impregnano la sabbia
dei golfi. Occorre dunque, ancora e ancora,
che i semi primordiali delle cose,
che sono naturali e non creati
da una mano secondo un qualche stampo,
380 uniforme volteggino dissimili
tra di loro. È facile spiegare
in modo razionale perché i fulmini
abbiano un fuoco ben più penetrante
di quello delle fiaccole terrene.
Puoi dire infatti che il fuoco dei fulmini
385 celesti ha semi più sottili e piccoli
ed è per questo in grado di insinuarsi
in ogni spazio vuoto, mentre il nostro
fuoco nato dal legno e dalle fiaccole
non può farlo. La luce può filtrare
oltre una lastra di corno che invece
non consente il passaggio della pioggia.8
Questo accade perché la luce ha semi
390 più piccoli di quelli che compongono
il liquido benefico dell’acqua.
E vediamo che il vino scende rapido
attraverso l’imbuto, mentre l’olio
è più lento ed indugia, certamente
perché è fatto di atomi più grandi
o più uncinati o più avvinti tra loro;
i semi dunque non riescono a sciogliersi
dagli altri ed a passare uno ad uno
per ogni poro. Aggiungi il miele e il latte,
liquidi che accarezzano la lingua
e lasciano una dolce sensazione
400 nella bocca; e invece la centaura
e l’assenzio, la cui natura è amara,
hanno in bocca un sapore disgustoso.
Riconosci da ciò che le sostanze
piacevoli al contatto con i sensi
sono composte da semi rotondi
e leggeri e al contrario quelli amari
405 ed aspri sono fatti da un stretto
intreccio di atomi uncinati, in grado
di lacerare i nostri sensi e aprirsi
con forza un varco dentro il nostro corpo.
Insomma, tutte le cose che toccano
i sensi e appaiono buone o cattive
hanno forme diverse e contrastanti.
410 Certo non crederai che il suono stridulo
della sega, che fa rabbrividire,
sia prodotto da semi lisci come
la musica che i suonatori sanno
con dita esperte trarre dalle corde
415 o che alle nostre narici pervengano
atomi uguali quando si dà fuoco
a un putrido cadavere o a teatro
la scena è stata da poco cosparsa
con croco di Cilicia e lì vicino
un’ara esala incenso di Pancaia.9
Nemmeno penserai che quei colori
buoni, che portano diletto agli occhi,
siano fatti di semi uguali a quelli
420 che ci irritano e ci spingono alle lacrime
o che appaiono brutti, turpi, squallidi.
Ogni figura10 che accarezza i sensi
non è stata creata senza qualche
levigatezza degli atomi; invece
quelle sgradevoli ed aspre non senza
425 della materia in qualche modo rude.
Vi sono poi dei semi che a rigore
non si possono dire levigati
ma nemmeno uncinati, con le punte
ritorte, ma piuttosto hanno angolini
leggermente sporgenti, quanto basta
per titillare i sensi senza urtarli;
430 di tal genere i semi della feccia
e del sapore dell’enula. Infine
grazie agli indizi del tatto capiamo
che il fuoco caldo e la gelida brina
pungono i sensi del corpo con atomi
dentati in modo differente. È il tatto
infatti, proprio il tatto, per gli dei!,
435 il senso proprio del corpo,
sia che vi entri qualcosa dall’esterno
o che una cosa nata nel suo interno
lo leda o che al contrario gli dia gioia
fuoriuscendo nell’atto dell’amore
o ancora perché gli atomi, colpiti
da qualcosa si mettono in subbuglio
e cozzano tra loro nello stesso
corpo turbando il senso; ne puoi fare
440 da te la prova colpendo una parte
qualsiasi del corpo con la mano.
Perciò le forme degli atomi devono
essere molto diverse tra loro
sì da produrre sensazioni varie.
E infine quelle cose che ci appaiono
dure e compatte è necessario che abbiano
445 atomi più uncinati che si tengano
ben stretti tra di loro, quasi come
una trama ben fitta di radici.
Primi di questo genere le pietre
di diamante che sfidano ogni colpo
e le possenti rocce e il ferro duro
450 ed il bronzo che stride resistendo
alle sbarre.11 Quei corpi invece che hanno
liquida consistenza devono essere
composti per lo più di atomi lisci
e rotondi: se prendi una manciata
di semi di papavero la mandi
giù come fosse acqua, poiché gli atomi
455 non si trattengono tra loro e scendono
tutti d’un colpo alla minima scossa.
Quanto alle cose che vedi svanire
in un attimo, come fumo, nuvole
e fuoco, se non sono fatte d’atomi
rotondi e lisci, occorre almeno li abbiano
tali che non s’intreccino e impediscano
a vicenda, così da poter pungere
460 il nostro corpo e penetrare i sassi
senza però aderire tra di loro;
tutto ciò che ci appare rarefatto
e in grado tuttavia di urtare i sensi12
è fatto, si comprende facilmente,
da semi aguzzi ma non intricati.
Non ti sorprenda poi che alcune cose
siano al tempo stesso amare e liquide,
465 come l’acqua del mare.13 Essendo liquida
è fatta di atomi lisci e rotondi
ma misti ad essi ha anche atomi ruvidi14
che causano dolore; sono ruvidi
pur avendo una forma tondeggiante
470 così da poter scorrere e ad un tempo
ferire i sensi. E perché tu comprenda
meglio che in essa sono mescolati
atomi lisci ma ruvidi, donde
viene l’amaro corpo di Nettuno,
c’è un modo per dividerli e osservare
come la parte dolce, se filtrata
attraverso il terreno più e più volte
475 fluisce in una fossa e si fa limpida,
poiché i semi da cui viene il sapore
salmastro, essendo ruvidi, rimangono
in superficie impigliati alla terra.
A quanto ho già insegnato aggiungerò
una cosa che ne è la conseguenza
e ne trae verità: le varie forme
480 degli atomi hanno un numero finito.
Se non fosse così avremmo ancora15
semi dal corpo esteso all’infinito,
ma nel minuscolo corpo di un atomo
485 c’è un limite al variare delle forme.
Supponiamo in un atomo tre parti
minime o poche in più: se proverai
a combinarle nei modi più vari
mettendo alcune in alto e altre in basso
spostandole ora a destra ora a sinistra
provando a quante forme può portare
490 il vario combinarsi delle parti
sarai costretto, se vorrai ancora
una figura diversa, ad aggiungere
altre parti. Per ottenere poi
nuove figure dovrai in egual modo
cambiare ancora la disposizione
495 delle parti. A nuove forme dunque
si accompagna un aumento della massa.
Ché se pensi infinita la varianza
delle forme dei semi, sei costretto
a postularne alcuni di grandezza
immane: ed ho provato in precedenza
500 che ciò non è possibile. Le vesti
barbariche e la porpora splendente
di Melibea, tinta con conchiglie
tessaliche, e la specie dei pavoni
così preziosa e piena di una grazia
che dà gioia: per te più non avrebbero
valore, vinte da nuovi colori.
La mirra profumata e il dolce miele
505 terresti in poco conto; e così il canto
del cigno e le apollinee melodie
modulate con arte sulle corde
sarebbero ugualmente vinti e muti.
Tutto infatti sarebbe superato
da qualcosa di sempre più perfetto
e ugualmente al contrario: sempre avremmo
il peggio di qualunque cosa; sempre
510 vi sarebbe una cosa più schifosa
da annusare o sentire, da guardare
o mangiare. Poiché ciò non succede
ma ogni realtà ha un limite assegnato
che ne serra l’insieme da ogni lato
devi ammettere che anche la materia
ha limiti al variare delle forme.
515 Dal fuoco, infine, alla gelida neve
c’è un tratto limitato, e così vale
al contrario. Intermedie variazioni
di caldo e freddo portano dall’uno
all’altra con un ordine graduale.
È una distanza dunque limitata:
520 da entrambi i lati è segnato un confine;
da una parte imperversano le fiamme
dall’altra il grande freddo della neve.
A quanto ho già insegnato aggiungerò
una cosa che ne è la conseguenza
e ne trae verità16: gli atomi simili
tra loro per la forma e la figura
525 sono infiniti. Se infatti è finita
la varietà delle forme, bisogna
che sia infinito il numero degli atomi
che hanno una forma simile, altrimenti
dovremo ritenere che l’insieme
di tutta la materia sia finito:
e ho provato che ciò non è possibile17
mostrando nei miei versi che i corpuscoli
530 della materia abbracciano l’insieme
delle cose accorrendo da ogni parte
dall’infinito, con urti continui.
Se osservi poi che vi sono animali
più rari e scorgi in essi una natura
meno feconda, può essere che altrove
in un luogo remoto della terra
535 ve ne siano tanti da colmarne
il numero. Ad esempio gli elefanti
che hanno la mano a forma di serpente,
i primi tra i quadrupedi, che in India
sono tante migliaia da formare
una barriera d’avorio che quasi
impedisce di entravi: tale è il numero
540 di queste bestie che da noi scarseggiano.
Ma ti concedo anche questo: poniamo
l’esistenza d’un essere qualsiasi
che sia unico, solo con il corpo
con cui è nato, tale che nel mondo
intero non vi sia un altro simile:
tuttavia senza un’infinita mole
545 di materia non potrà generarsi
né poi crescere. Se anche supponessi
sparsi di qua e di là nell’universo
i semi genitali di quest’essere
unico, donde, dove, per impulso
di quale forza e in che modo potranno
550 cozzare e unirsi nell’immenso oceano
della materia, in mezzo al turbinare
degli elementi? Non hanno, io credo,
modo alcuno d’unirsi. Come quando
dopo molti naufragi il grande mare
getta qua e là gli scafi, i banchi, i remi
galleggianti, gli alberi, le prore
e le antenne, così che su ogni spiaggia
si vedono gli aplustri abbandonati
ai flutti, ad avvertire noi mortali
di evitare le insidie la violenza
i tranelli del mare ingannatore,
a non credergli mai, in nessun tempo,
nemmeno quando è calmo e ti sorride
e ti chiama con voce seducente,
560 così, se poni un numero finito
agli atomi d’un genere qualsiasi,
essi, sparsi nel tempo senza fine,
saranno sballottati in ogni dove
da correnti contrarie di materia,
così che non potranno mai cozzare
e unirsi, permanere nell’unione
565 e accrescersi. Ma ciò, è evidente, accade:
le cose nascono e, una volta nate,
possono accrescersi; e dunque è evidente
anche che i semi primi di ogni genere
di cose sono infiniti e per questo
offrono a tutto un apporto continuo.
Non possono in eterno i movimenti
570 che portano la morte seppellire
la vita; ma nemmeno i movimenti
contrari, che producono ed accrescono
le cose sono in grado di tenere
eternamente in vita ciò che creano.
V’è un’incerta contesa tra i principi
una guerra ingaggiata in un lontano
575 tempo infinito: a momenti prevalgono
le forze della vita, ma la morte
le raggiunge e le supera, ed al pianto
dei neonati che s’aprono alla luce
s’unisce il pianto funebre; né al giorno
segue una notte né alla notte un’alba
che non oda l’affanno dei vagiti
580 misto al pianto, compagno della morte
e delle tristi cerimonie funebri.
Al riguardo conviene anche fissare
nella mente e affidare alla memoria
questo: tra tutto ciò di cui vediamo
apertamente la natura nulla
è formato da semi d’un sol genere,
585 nulla senza una qualche commistione
di semi appartenenti a vari generi.
E quelle cose che hanno maggior forza
e potere d’agire con ciò mostrano
d’avere in sé più semi di molteplici
generi e dalle forme più diverse.
Per cominciare la terra, che ha in sé
590 gli atomi da cui vengono le fonti
che rinnovano ognora il mare immenso
col loro scorrere freddo e sinuoso
ma pure quelli da cui nasce il fuoco;
in molti luoghi infatti arde il suolo
per un calore sotterraneo; il fuoco
erutta poi nell’impeto dell’Etna.
Ha poi ancora gli atomi che possono
595 far nascere per gli uomini le messi
rigogliose e gli alberi fecondi,
ed altri per offrire agli animali
che vagano sui monti corsi d’acqua
e fogliame e pascoli abbondanti.
Per questo grande madre degli dei
è stata detta, e madre delle fiere
e madre ancora di tutti noi uomini.
600 Di lei cantarono i poeti antichi
della Grecia, ricolmi di sapienza,18
***
che dal suo trono su un carro incitasse
due leoni che vi erano aggiogati
e ciò per insegnare che la grande
terra è sospesa nello spazio aereo.
Le fiere le aggiogarono al suo carro
perché la prole, per quanto selvatica,
605 deve addolcirsi, cedendo alle cure
dei genitori, e la testa le cinsero
d’una corona turrita per dire
che sulle alture, dove è più protetta,
difende le città. Con queste insegne
ancora oggi l’icona della Madre
divina è trasportata in ogni terra
ovunque suscitando un sacro orrore.
610 Madre Idea è il nome con cui molte
genti la invocano, seguendo il culto
antico e dandole una scorta frigia19
perché, sostengono, da quella terra
le messi cominciarono a diffondersi
in tutto il mondo. Al suo seguito mettono
i Galli20 a dire che a coloro che hanno
offeso la divina autorità
615 della Madre e si sono dimostrati
ingrati verso i loro genitori
va negata la dignità di dare
viva progenie al mondo della luce.
Tesi intorno rimbombano i tamburi
percossi dalle mani, e i cavi cimbali,21
rauchi suonano i corni, e minacciosi,
620 e con musica frigia i flauti eccitano
le menti. E mostrano le armi, segno
d’una pazzia violenta, ad atterrire
gli animi ingrati, i cuori scellerati
del volgo col terrore che promana
dalla sacra presenza della dea.
Arriva, ecco, in una città grande
625 ed in silenzio offre muti doni
di salvezza ai mortali22. Con monete
di bronzo e argento preparano un letto
in ogni strada per il suo passaggio,
le fanno ricche offerte e sulla Madre
e sul corteo che l’accompagna cade
a far ombra una fitta nevicata
di petali di rosa. Nella folla
frigia si gettano a volte degli uomini
630 armati, detti Cureti dai Greci,
e giostrano esaltati dalla musica,
lieti del sangue – oscillano le teste
con criniere terribili. Ricordano
i Cureti Dittei23 che un tempo a Creta,
raccontano, nascosero il vagito
di Giove, agili danzando in cerchio
come bambini intorno ad un bambino,
sbattendo le armi, bronzo contro bronzo,
a ritmo, affinché non lo scoprisse
Saturno, e lo sbranasse, dando al cuore
della Madre un dolore senza fine.
640 Ed è forse per questo che accompagnano
la Grande Madre armati, o per intendere
che li esorta a difendere la terra
dei padri con le armi e col valore,
baluardo e gloria dei loro antenati.
Per quanto tutto ciò sia ben pensato
anzi disposto in un modo eccellente,
645 è tuttavia ben lontano dal vero.
A ogni natura divina appartiene
una pace completa ed immortale
ben lontana da noi e i nostri affanni.
Senza nessun dolore né pericolo,
650 da sola ottiene quel che vuole, senza
alcun bisogno di noi; non la spingono
alla benevolenza i nostri meriti
né viene mai sfiorata dalla rabbia.
E del resto la terra non ha sensi
né mai n’ebbe; e poiché in sé porta semi
molteplici da lei prendono forma
e giungono alla luce molte cose
655 dalle forme diverse. E se a qualcuno
piace chiamare Cerere o Nettuno
le messi e il mare o indicare il vino
abusando del nome del dio Bacco
gli si conceda pure di chiamare
la Terra Madre degli dei, purché
660 abbia cura di non contaminarsi
con la sporcizia della religione.
Succede spesso di vedere un campo
in cui specie diverse d’animali
– pecore gonfie di lana, cavalli
focosi e mandrie di bovini – pascolano
insieme e si dissetano allo stesso
fiume, coperti dallo stesso cielo;
665 pure ognuno conserva la natura
che ha ricevuto dai suoi genitori
e costumi conformi alla sua specie.
Fino a tal punto varia la materia
sia nell’erba, qualunque sia il suo genere,
che nei fiumi. Ogni tipo d’animale
è poi un organismo risultante
dall’insieme di parti diversissime:
670 viscere, sangue, vene, umori, nervi
ed ossa, ognuna con la sua specifica
forma d’atomi. E ancora: le sostanze
infiammabili occorre che in sé abbiano
se non altro degli atomi dai quali
possano nascere il fuoco e la luce
675 e sprigionarsi cenere e faville.
Passa pure in rassegna quel che vuoi:
scoprirai che ogni corpo cela in sé
atomi appartenenti ad altre cose
e racchiude le forme più diverse.
680 E molte cose infine si presentano
con un intreccio di odore, sapore
e colore; in primo luogo i frutti.24
Bisogna dunque che siano formate
d’atomi dalla forma variegata:
l’odore infatti penetra nel corpo
per una via ch’è preclusa al colore;
e colore e sapore, a loro volta,
685 giungono ai sensi attraverso vie proprie;
e comprendi che ciò è la conseguenza
della presenza di atomi diversi.
Forme diverse s’incontrano dunque
e formano una massa; non c’è cosa
che non risulti da semi frammisti.
In questi stessi versi puoi notare
che ritornano sempre le medesime
lettere a dare forma alle parole,
690 ma ammetterai che le parole e i versi
differiscono, essendo il risultato
d’una diversa unione delle lettere.
E non perché siano poche le lettere
comuni a tutte le parole oppure
perché mai due parole abbiano lettere
tutte uguali, bensì perché di norma
non hanno la medesima struttura.
695 E similmente accade in altre cose:
hanno in sé molti atomi comuni
a molte cose, frammisti tra loro,
ma l’insieme può essere diverso;
perciò a ragione si dice che gli uomini
e le messi e gli alberi fecondi
vengono da elementi differenti.
700 Non credere però che tutti gli atomi
possano combinarsi in tutti i modi;
se così fosse ovunque si vedrebbero
comparire prodigi: uomini-bestia,
lunghi rami che spuntano da corpi
viventi, membra d’esseri marini
e animali terreni combinate
705 e la natura stessa alleverebbe
sulla terra, la madre di ogni vita,
Chimere dalla bocca spaventosa
il cui respiro sprigiona fiammate.
Nulla di tutto ciò succede, è chiaro.
Vediamo invece che ogni cosa nata
da certi semi e da una certa madre
può mantenere crescendo l’aspetto
710 proprio della sua specie. E invero questo
è necessario che avvenga secondo
una regola fissa. Infatti gli atomi
dei diversi alimenti dentro noi
prendono vie diverse per raggiungere
le varie membra e quindi si combinano
per generare i moti della vita;
vediamo che al contrario la natura
rigetta a terra gli elementi estranei
e parecchi corpuscoli invisibili
715 vengono ricacciati via dal corpo,
incapaci di unirsi ad alcunché,
di accordarsi coi moti della vita
e riprodurli. Ma non devi credere
che questa regola riguardi solo
gli animali; è una regola che vale
per ogni cosa. Infatti come tutte
le cose generate per natura
sono diverse tra loro, bisogna
che ognuna d’essa sia formata di atomi
differenti tra loro per la forma;
e anche se molti hanno una forma simile
non sono mai però del tutto uguali.25
725 A causa poi di questa differenza
tra gli atomi, diversi devono essere
gli intervalli le vie le connessioni
i pesi gli urti gli sciami ed i moti
che non separano soltanto i corpi
animali, ma segnano i confini
tra mare e terra e tra la terra e il cielo.
730 Fai attenzione adesso alle parole
per te cercate con dolce fatica,
affinché tu non creda che le cose
che si mostrano candide ai tuoi occhi
prendano il bianco dai loro principi
e da principi neri invece nascano
quelle che appaiono scure. E non credere
736 che le altre cose tinte in qualche modo
ricevano il colore dai principi
di cui la loro materia è composta.
Gli atomi sono incolori: né uguali,
in questo, né diversi dalle cose.
Se ritieni che l’animo non possa
740 slanciarsi fino agli atomi ti sbagli
grandemente. Se infatti i ciechi nati,
che mai la luce del sole hanno scorto,
riescono al tatto a conoscere corpi
che mai hanno associato ad un colore,
è possibile certo che la nostra
745 mente giunga ad avere una nozione
di corpi privi di colore. In fondo
noi stessi siamo in grado, quando è buio,
di riconoscere al tatto le cose
pur senza percepire alcun colore.
Dopo averti provato che è possibile
ora ti insegnerò come ciò accada.26
Ogni colore si muta in ogni altro,
750 cosa che mai può succedere agli atomi.
È infatti necessario che permanga
qualcosa d’immutabile, altrimenti
tutto verrà ricacciato nel nulla.
E certo tutto ciò che si trasforma
ed esce dai suoi limiti all’istante
muore nella sua forma precedente.
755 Guardati dunque dal contaminare
con i colori i semi primordiali
o tutto ti ritornerà nel nulla.
Se per natura gli atomi non hanno
colore alcuno ma diverse forme
grazie alle quali creano i colori
760 e li variano, ed ha grande importanza
quali semi si uniscano e con quale
disposizione e in che modo tra loro
muovano e siano mossi, sarà facile
spiegarti come possano dei corpi
765 neri all’improvviso farsi candidi
come il marmo; così succede al mare
quando venti potenti lo sconvolgono
e la sua superficie si trasforma
in bianchi flutti di marmo candente.
Potrai infatti dire: quel che spesso
ci appare nero, se la sua materia
770 viene rimescolata e cambia l’ordine
degli atomi, e qualcosa viene aggiunto
o tolto subito accade che appaia
bianco e splendente. Ma se invece le acque
del mare risultassero da semi
azzurri non potrebbero imbiancarsi
in nessun modo: comunque rimescoli
775 degli elementi azzurri mai avranno
il candore del marmo. Se poi fossero
alcuni d’un colore, altri di un altro
i semi che compongono il nitore
del mare, così limpido e uniforme,
come spesso da forme differenti
viene fuori un quadrato ben compatto,
780 allora converrebbe, come accade
in un tale quadrato, in cui scorgiamo
le diverse figure che lo formano,
distinguere nel mare o in qualche altra
cosa dotata d’un nitore limpido
e uniforme colori differenti.
Non soltanto. Nel caso del quadrato
le varietà dei pezzi che lo formano
785 non impedisce che all’esterno appaia
quadrato; non così la varietà
dei colori, che invece non consente
che l’insieme abbia un unico colore.
La tentazione che a volte ci prende
di attribuire agli atomi un colore
790 cade, del resto, se le cose bianche
e nere non derivano da atomi
bianchi e neri ma sorgono da un misto
di atomi di colori differenti.
Molto più facile è infatti che quanto
è bianco sorga da nessun colore
piuttosto che dal nero o da qualche altro
colore ad esso opposto e contrastante.
795 Oltre a ciò, dal momento che i colori
non esistono senza luce, e gli atomi
invece non appaiono alla luce
non possiamo pensarli che incolori.
Quale colore mai potrebbe esserci
nel buio cieco? E lo stesso colore
800 del resto cambia aspetto se a colpirlo
è una luce diretta oppure obliqua.
Così succede nel sole alle piume
che circondano il collo dei colombi:
splendono a volte quasi come rosso
piròpo27, ma talvolta si presenta
805 una speciale sensazione28: insieme
mescolati il corallo e lo smeraldo.
Ugualmente la coda del pavone
mostra colori vari quando ruota
in piena luce. E poiché è l’incidenza
della luce a far sorgere il colore
è legittimo credere che senza
la luce non si dia colore alcuno.
810 Quando diciamo di vedere il bianco
o il nero o qualsivoglia altro colore
il nostro occhio riceve certi colpi.
Non importa che ciò che percepiamo
abbia un colore proprio; quel che conta
815 è la figura che possiede. È chiaro
dunque che non occorre che i principi
abbiano un loro colore: producono
con forme varie varie sensazioni.
Poiché inoltre non c’è corrispondenza
tra la natura d’un certo colore
ed una certa figura degli atomi
e ogni conformazione dei principi
può ritrovarsi in qualsiasi colore
820 come mai non accade che ugualmente
ciò che essi formano, specie per specie,
abbia in sé ogni specie di colore?
E dovrebbero, certo, spesso i corvi
mostrare in volo il bianco delle piume
e da atomi neri venir fuori
825 cigni neri, o di qualche altro colore
che sia unico o vario. E in verità
quanto più una cosa è sminuzzata
tanto più puoi vedere che il colore
svanisce poco a poco e poi s’estingue;
così accade se prendi della stoffa
colorata con l’ostro e la riduci
830 in parti piccolissime: la porpora
il cui splendore vince ogni colore
si disperde del tutto, mano a mano
che si sfilaccia la trama. E da questo
comprendi che le particelle perdono
tutto il colore prima di ridursi
agli elementi primi. Riconosci
infine che non tutti i corpi emettono
835 un suono ed un odore; non a tutti
attribuirai pertanto suono e odore.
Poiché non siamo in grado di discernere
ogni cosa con gli occhi esiste, è chiaro,
qualcuna senza colore, qualche altra
priva di odore o che non mandi suono
840 e tuttavia una mente perspicace
può conoscerle, proprio come coglie
cose prive di altre qualità.
Non credere che i corpi primi siano
spogli del solo colore. Sono anche
privi del tutto di tepore o freddo
845 e di calore ardente, errano sterili
d’ogni suono, digiuni di sapore,29
né emettono alcun odore proprio.
Come quando, volendo preparare
le essenze delicate della mirra
e della maggiorana o la fragranza
del nardo che colpisce le narici
850 col suo profumo dolce, hai bisogno
per prima cosa, se riesci a trovarlo,
d’un olio neutro, che non mandi odore,
perché meno possibile contamini
e rovini gli aromi ad esso misti
durante la cottura col suo lezzo,
così i principi, creando le cose,
855 non vi devono aggiungere un odore
o un suono proprio, poiché nulla possono
emettere da sé, e né ugualmente
qualche sapore o del freddo o un calore
o tepore o altre cose simili.
Poiché esse risultano mortali30
860 – alcune malleabili hanno il corpo
molle, altre fragili l’hanno friabile
e altre porose hanno il corpo rado –
è necessario che tutte risultino
disgiunte dai principi se vogliamo
porre sotto le cose fondamenta
immortali da cui sia garantita
la salvezza di tutto l’universo;
e non ti si riduca tutto al nulla.
865 Ora, quanto alle cose che vediamo
in qualche modo dotate di senso
dobbiamo riconoscere che constano
tuttavia di principi non sensibili.
Questo non è sconfessato dai fatti
né vi si oppone l’esperienza; ed anzi
sono essi stessi a prenderci per mano
e ad indurci a credere che gli esseri
870 animati, così come sostengo,
nascono da principi non sensibili.
Dal letame schifoso puoi vedere
spuntare infatti vermi vivi, quando
le grandi piogge rendono fangosa
la terra e questa genera marciume;
e ugualmente ogni cosa si trasforma.
875 Le foglie, i fiumi, l’erba rigogliosa
si mutano in bestiame ed il bestiame
si muta poi nel nostro corpo e questo
spesso accresce la forza della belve
e il corpo degli uccelli. La natura
muta dunque ogni cibo in corpo vivo
880 e genera da esso tutti i sensi
dei viventi, in un modo non diverso
da come esprime fiamme dalla legna
arida e muta ogni cosa nel fuoco.
Non vedi ormai l’importanza dell’ordine
con cui sono disposti gli elementi
885 primi e con quali altri mescolandosi
fanno nascere il moto o lo ricevono?
Cosa colpisce poi l’animo stesso,
cosa lo muove e lo spinge ad esprimere
i pensieri più vari ed a non credere
che l’insensibile possa dar vita
al sensibile? Certo pietra e legno
890 e terra mescolati non faranno
nascere il senso vitale. Al riguardo
è bene ricordare che non dico
che il senso nasce subito da quanto
genera tutte le cose sensibili
bensì che molto conta, in primo luogo,
quanto piccoli siano gli elementi
895 che creano il sensibile, e la forma
che possiedono e infine come siano
per movimento, posizione ed ordine.
Nulla di ciò percepiamo nel legno
e nelle zolle di terra, ma quando
l’acquazzone li fa quasi marcire
danno pur vita a vermetti, perché
la nuova condizione fa saltare
900 l’ordine precedente dei corpuscoli
della materia e li dispone in modo
che ne devono nascere creature.
Quelli che credono poi che il sensibile
possa crearsi da corpi sensibili31
che son soliti poi, a loro volta,
avere il senso grazie ad altri corpi
ugualmente sensibili, riducono
gli atomi a cose mortali, facendoli
molli. Infatti ogni senso è collegato
905 alle viscere, ai nervi ed alle vene,
organi che vediamo essere molli
e di sostanza mortale. Sia pure
che abbiano eterna durata; ma allora
o hanno il senso di un singolo membro
o vanno ritenuti in tutto simili
ad un intero essere vivente.
910 Ma non possono, certo, avere senso
come parti staccate, dal momento
che ogni sensazione delle membra
riguarda noi come intero32; una mano
o qualsivoglia altra parte del corpo
non può, staccata, mantenere il senso.
Resta che siano simili a degli esseri
915 viventi interi. E però in questo caso
è necessario che sentano proprio
come sentiamo noi, in modo tale
che il loro senso vitale sia in tutto
uguale al nostro. Ma come potranno
esser detti principi delle cose
e sfuggire ai sentieri della morte
se sono esseri viventi e questi
sono sempre tutt’uno con la morte?
920 Del resto se anche ciò fosse possibile
pure il loro aggregarsi ed incontrarsi
non produrrebbe altro che una turba,
un’accozzaglia di esseri viventi,
proprio come mettendo insieme uomini
e armenti e fiere non si ottiene alcuna
nuova creatura. E se poi abbandonano
925 nel corpo il loro senso, ricevendone
uno diverso, che bisogno c’è
che venga loro attribuito quello
che gli viene poi tolto? E inoltre, come
ho detto in precedenza, se vediamo
le uova degli uccelli trasformarsi
in pulcini e vermetti brulicare
dalla terra marcita dalle piogge,
930 è lecito anche pensare che possa
nascere il senso da ciò che ne è privo.
Se poi qualcuno dicesse che il senso
può nascere comunque da elementi
privi di senso per trasformazione
o venendo alla luce con qualcosa
di simile ad un parto, basterà
charirgli e dimostrargli quanto segue:
935 nessun parto è possibile se prima
non c’è un’unione e nulla può mutarsi
senza un’aggregazione. In primo luogo
nel corpo non può essere alcun senso
se un essere vivente non ha prima
assunto interamente la sua forma;
ed è chiaro perché: la sua materia
940 si trova sparsa nell’aria, nei fiumi,
nella terra ed in quello che la terra
ha creato e non si è ancora unita
ad accordare i moti della vita
dai quali accesi i sensi onniveggenti
salvaguardano ogni essere vivente.
Del resto un colpo più forte di quanto
945 riesca a sopportare in un istante
abbatte ogni vivente e ne sconvolge
ogni senso dell’anima e del corpo.
È infatti infranto l’ordine degli atomi
e sono ostacolati gli interiori
movimenti vitali, fino a quando
950 la materia, agitata in ogni membro,
scioglie dal corpo i legami vitali
dell’anima e la getta via, dispersa,
da tutti i pori. E del resto cos’altro
pensiamo possa fare un colpo inferto
in questo modo se non fracassare
e distruggere ciò su cui si abbatte?
Ma pure accade che su un colpo meno
955 violento i moti vitali residui
spesso riescano a vincere; a vincere33
ed a sedare gli ingenti tumulti
provocati dall’urto, a richiamare
ogni parte al suo posto, sbaragliare
la morte ormai sul punto di travolgere
il corpo intero e riattivare i sensi
960 quasi spenti. Altrimenti in quale modo
potrebbero, già quasi sulla soglia
della morte, riaversi e ritornare
alla vita invece di seguire
fino in fondo il processo distruttivo
e svanire? Inoltre, dal momento
che quando gli elementi materiali
del nostro corpo vengono turbati
nelle membra, nel vivo delle viscere,
965 da qualche forza e s’agitano fin dentro
le loro sedi proviamo dolore,
mentre proviamo piacere allorquando
tornano al loro posto, si comprende
che gli atomi non possono patire
dolore né avere piacere per sé
non essendo composti in questo modo
970 da principi ulteriori, che spostandosi
causino loro dolore o che arrechino
il frutto del piacere che ristora.
Bisogna dunque che siano insensibili.
Se infine perché gli esseri animati
d’ogni genere possano sentire
occorre attribuire il senso pure
agli atomi da cui sono formati
975 che ne sarà di quelli appartenenti
al nostro genere umano? Di certo34
sghignazzeranno, tremando dal ridere,
e piangeranno, bagnando di lacrime
le guance e il viso e sapranno tenere
lunghi discorsi su come le cose
si mescolano e ancora indagheranno
sugli elementi primi che li formano;
980 essendo infatti simili del tutto
ai mortali, risulteranno anch’essi
composti da principi e a loro volta
questi da altri ancora e mai oserai
arrestarti perché ti incalzerò:
se dirai che una cosa parla o ride
o conosce ti obietterò che allora
sarà costituita da elementi
che fanno a loro volta queste cose
985 Se comprendiamo che questo è un delirio,
una cosa da pazzi e che è possibile
che uno rida anche se i suoi atomi
non ridono e conoscere e spiegare
le cose con dottrina senza ch’essi
siano dotati di eloquio e sapienza,
perché mai non dovrebbero gli esseri
che ci appaiono in grado di sentire
990 non essere formati da un insieme
di semi privi di qualsiasi senso?
E da seme celeste proveniamo
infine tutti quanti: padre a tutti
è lo stesso da cui riceve goccia
a goccia l’acqua limpida la terra,
madre benigna, che gravida genera
floride messi e alberi fecondi
995 e il nostro genere umano e ogni stirpe
di fiere, offrendo il cibo con cui tutti
nutrono il corpo e passano una vita
piacevole e propagano la prole:
e perciò merita il nome di madre.
Torna così alla terra quel che prima
1000 le apparteneva e gli spazi del cielo
accolgono di nuovo quanto è sceso
dalle rive dell’etere. La morte
non annienta le cose al punto tale
da distruggere pure i corpi primi
della materia bensì le disgrega
e unisce poi di nuovo questo a quello
1005 e fa in modo così che tutte mutino
forma e colore ed ottengano il senso
e lo rendano poi all’improvviso,
sì che comprendi bene quanto importa
con quali altri gli atomi si uniscano
e in quale posizione, e quali moti
1010 imprimano e ricevano; e non credere
che negli eterni corpi primordiali
possa trovarsi quello che vediamo
fluttuare sulla pelle delle cose,
e apparire, e spegnersi d’un tratto.
Anche in questi miei versi molto conta
con quali altre le lettere si uniscano
1015 e secondo quale ordine: le stesse
lettere infatti indicano cielo
e mare e terre e fiumi e sole e messi
e alberi e animali; se non tutte,
la maggior parte di esse sono simili,
ma significano cose differenti
per la loro diversa posizione.
E così pure nelle cose: quando
nella materia cambiano gli incontri
e i movimenti degli atomi, e l’ordine,
la posizione e le figure, certo
devono trasformarsi anche le cose.
Volgi l’animo adesso a questa nostra
vera dottrina. Giungerà al tuo orecchio
1025 una cosa inaudita e ti aprirà
una nuova visione del reale.
Nessuna cosa però è tanto semplice
da non sembrare, quando si presenta
la prima volta, ancora più difficile
da credere, e al tempo stesso nulla
è così grande, così sorprendente
che gradualmente non smettano tutti
1030 di stupirsene. In primo luogo il chiaro,
puro colore del cielo ed i corpi
che racchiude, le stelle sparse ovunque,
lo splendore del sole e della luna:
se tutte queste cose si mostrassero
all’improvviso, per la prima volta,
alla visione dei mortali, cosa
1035 potrebbe dirsi più meraviglioso
o più arduo da credere per tutti
prima del suo accadere? Niente, credo.
Quanto meravigliosa quella vista
sarebbe stata! Ma nessuno adesso,
ormai stanco e sazio di vedere,
si degna di levare gli occhi al cielo
per contemplarne i luminosi spazi!
1040 Smetti di ricacciare una dottrina
dal tuo animo solo perché è nuova
e questo ti spaventa, ma piuttosto
soppesala per bene con giudizio
e se ti sembra vera, cedi ad essa,
e combattila se ti appare falsa.
Il nostro animo chiede ragione
– poiché l’intera somma dello spazio
1045 è infinita al di fuori delle mura
del nostro mondo – di quello che è oltre,
fin dove vuole spingersi la mente
e in libertà può l’animo lanciarsi.
Prima di tutto per noi da ogni parte
e lato, sopra e sotto, per il tutto
1050 non c’è confine alcuno, come ho detto,35
ed il reale stesso lo proclama
e splende la natura dell’abisso.
Non si può ritenere in alcun modo
plausibile che mentre da ogni parte
lo spazio vuoto si stende infinito
e i semi innumerevoli, un insieme
sconfinato, sospinti da un eterno
1055 movimento volteggiano nei modi
più diversi, ad essere creati
siano stati soltanto questa terra
e questo cielo e nulla faccia tutta
quella materia che si trova fuori
da essi; soprattutto perché opera
della natura è tutto quanto e i semi
delle cose incontrandosi per caso
con un moto spontaneo, dopo essersi
1060 serrati in molti modi, ma alla cieca,
senza alcun esito, alla fine s’unirono
sì da formare a un tratto gli elementi
che sarebbero stati poi per sempre
base per ogni cosa grande: il cielo,
la terra ed ogni specie di viventi.
È necessario perciò sempre più
1065 ammettere che in altri luoghi esistano
raggruppamenti di materia simili
al nostro mondo che l’etere chiude
in un avido amplesso. Quando poi
molta materia è pronta e il luogo è adatto,
e non contrasta qualche forza o ostacolo
devono certo le cose formarsi
1070 e compiersi. Ora, se la quantità
dei semi è tanta, che non basterebbe
a numerarla l’esistenza intera
di tutti quanti i viventi, e persiste
la medesima forza, la natura
capace di legare in ogni punto
i semi nello stesso modo in cui
sono stati legati in questo mondo,
è necessario ammettere che esistano
1075 altrove mondi come il nostro e genti
diverse e specie varie d’animali.
A questo aggiungi poi che non c’è cosa
nell’universo che sia generata
unica ed unica e sola s’accresca,
senza far parte d’una qualche stirpe
1080 che includa molte altre del suo genere.
Considera anzitutto gli animali:
constaterai che è così per le specie
delle fiere che vagano sui monti,
e così per la stirpe degli umani36
per i banchi di pesci silenziosi
e per qualsiasi genere di uccelli.
Similmente pertanto occorre ammettere
1085 che nemmeno la terra e il sole e il mare
e la luna e tutte le altre cose
sono uniche, e anzi ancor più innumeri
saranno: c’è ad attenderli un confine
della vita ben fisso nel profondo
e sono fatti di corpo mortale
come tutte le cose che quaggiù
abbondano divise in varie specie.
1090 Se apprendi e tieni a mente queste cose
subito la natura ti si mostra
libera, affrancata da padroni
arroganti, artefice spontanea,
senza gli dei, di tutto quel che esiste.
E certamente, per i santi cuori
degli dei, che passano tranquilli,
in piena pace, una vita serena,
1095 chi mai potrebbe reggere l’immenso
universo, tenerne saldamente
le redini e guidarlo saggiamente,
chi volgere ad un tempo tutti i cieli
e riscaldare con i fuochi eterei
tutte le terre feconde, chi essere
in ogni istante pronto in ogni luogo
1100 a suscitare il buio con le nuvole
o squassare col tuono il ciel sereno,
e lanciare saette e demolire
i propri stessi templi e nei lontani
deserti esercitarsi con quelle armi
che spesso scansano i malvagi e uccidono
persone che non hanno alcuna colpa?
1105 Dopo l’origine del mondo e il primo
giorno del mare e della terra, dopo
la nascita del sole molti corpi
venuti dall’esterno, molti semi
tutt’intorno s’aggiunsero, gettati
dall’universo immenso e lì raccolti.
È grazie ad essi che le terre e i mari
possono accrescersi e può conquistare
1110 la dimora del cielo nuovo spazio
spingendo in alto, sempre più lontano
dalla terra, la sua volta profonda,
e l’aria si solleva. Da ogni parte
tutti i corpuscoli, spinti dagli urti,
si dispongono in modo da raggiungere
il loro luogo e unirsi al loro genere:
all’acqua quelli dell’acqua, la terra
s’accresce grazie agli atomi terreni,
1115 alimentano il fuoco quelli ignei
e quelli eterei l’etere, finché
la natura creatrice d’ogni cosa
le guida al compimento della crescita
come avviene allorquando quel che entra
nelle vene vitali non eccede
più in nulla ciò che ne fluisce via
1120 e svanisce. Ed è qui che in ogni cosa
trova un limite il tempo della vita;
è la natura stessa che ne arresta
con la sua forza l’ulteriore crescita.
Infatti tutti gli esseri che vedi
gioiosamente accrescersi e salire
un po’ alla volta i gradini che portano
all’età adulta accolgono più atomi
di quelli che ne perdono, finché
1125 il cibo si diffonde facilmente
per ogni vena e non ancora sono
disfatti al punto tale da rimetterne
molti e l’età fa sì che gli elementi
che vanno persi siano più di quelli
assimilati come nutrimento.
Certo bisogna ammettere che gli atomi
fluiscono e si staccano in gran numero;
ma ancor di più devono essere quelli
1130 che s’uniscono, almeno fino a quando
non è raggiunto il tetto della crescita;
allora un po’ alla volta l’età spezza
le forze ed il vigore adulto e scorre
verso il disfacimento. Quanto più
è grande e largo un corpo giunto al massimo
del suo sviluppo, tanti più saranno
1135 gli atomi che lo lasciano e che sparge
tutt’intorno; non più si spande il cibo
agevolmente in tutte le sue vene,
né basta a riformare e compensare
quanto viene perduto a larghi fiotti.
E giustamente muoiono, allorquando
questi fiotti li rendono più fragili
1140 e soccombono tutti ai colpi esterni
poiché alla tarda età perfino il cibo
viene a mancare e intorno gli altri corpi
martellano incessanti a logorarlo
finché i colpi implacabili lo abbattono.
E così dunque crolleranno, vinte,
le grandi mura che cingono il mondo
1145 e non saranno che rovina e polvere.
Bisogna infatti che il cibo rinnovi
ed integri ogni cosa, e la sostenga,
ma invano: perché né le vene reggono
quanto sia sufficiente, né fornisce
più la natura quel che è necessario.
1150 Ed è fiaccata ormai la nostra età
estenuata la terra a stento crea
piccole bestie, lei che diede vita
un tempo ad ogni specie e partorì
le grandi fiere dai corpi possenti.
Non fu infatti, io credo, da una fune
d’oro calata dal cielo che vennero
le varie specie mortali nei campi,37
1155 e né il mare né i flutti che tormentano
gli scogli le crearono; fu invece
la terra stessa che ora li alimenta.
Fu lei inoltre, libera, a creare
per i mortali all’inizio le floride
messi e i vigneti abbondanti; fu lei
a offrire dolci frutti ed abbondanti
1160 pascoli, che oggi invece a malapena
crescono nonostante la fatica
enorme che si fa per aiutarli:
vi logoriamo i buoi ed il vigore
dei contadini e consumiamo il vomere,
ed a stento i campi ci ricambiano:
fino a tal punto sono avari ormai
di frutti e chiedono maggior fatica.
E ormai sempre più spesso il contadino
carico d’anni sospira scuotendo
1165 il capo, ché la sua grande fatica
è caduta nel nulla e se confronta
i tempi attuali con quelli passati
spesso dice felice e fortunato
suo padre. E così è triste chi coltiva
una vigna ormai vecchia ed avvizzita38
e maledice il corso delle cose
e impreca contro questa nostra età
1170 brontolando che gli uomini d’un tempo,
colmi di devozione trascorrevano
un’esistenza molto più piacevole
in angusti confini, perché poca
era la terra assegnata a ciascuno.
E non pensa che tutto, un po’ alla volta,
svanisce e va in rovina, logorato
dall’inesausto scorrere del tempo.
Passo corrotto. Leggo: subsidiis magnis et ecum vi constabilitas / ornatasque armis statuas pariterque animatas (vv. 42-43). ↩
religiones. Preferisco idee religiose a superstizioni, perché Lucrezio attacca la religione in sé, non la sua degenerazione superstiziosa. ↩
Ho mantenuto nella traduzione la continuità tra il vagare del lettore-Memmio (a vera longe ratione vagaris) e il vagare degli atomi nel vuoto (per inane vagantur). ↩
Qui nei manoscritti è presente una lacuna. ↩
Torna l’immagine della simulazione della battaglia, che abbiamo già incontrato nel prologo (vv. 40 segg.). ↩
Qui leggo armenta e non, con Deufert, arbusta. ↩
Leggo quaerit e non noscit. ↩
Il corno era utilizzato per le lanterne. L’immagine dunque è quella di una lanterna illuminata portata sotto la pioggia. ↩
La Cilicia era una regione dell’antica Anatolia, attuale Turchia, a nord dell’isola di Cipro. La Pancaia è un’isola non identificata, probabilmente leggendaria (anche se questo passo, con l’indicazione di un preciso prodotto che proviene da essa, lascia presupporre il contrario). ↩
Leggo qui figura e non videtur, seguendo una congettura di W. Schneidewin. ↩
Non è facile capire esattamente a cosa si riferisca. Giussani: “Il verso parla molto chiaro all’orecchio; ma la forma della chiusura, o apertura, resta per noi indecisa. Si potrebbe pensare anche a quelle guide di ferro, ad arco, infisse nel suolo, sulle quali talora scorrono, nell’aprirsi o chiudersi, le imposte di porte o cancelli” (p. 209). ↩
Qui seguo Deufert: laedens, sed rarum. I manoscritti hanno: sensibu’ sedatum (sensibu’ esse datum in alcuni codici più recenti). ↩
Seguo al v. 465 la lezione di Munro: sudor uti maris est, minime mirabile habeto. Deufert ha, seguendo i codici: minime mirabile debet; e dopo il verso suppone una lacuna. ↩
Anche al verso 467 seguo Munro: et squalida multa creant. I codici ripetono e leuibus atque rutundi dal verso precedente. ↩
Rursum. Si suppone che Lucrezio faccia riferimento a una dimostrazione precedente che è saltata a causa di una lacuna. ↩
Si ripetono qui i versi 578-579. ↩
Nei versi 1008-1051 del primo libro e 83 e seguenti di questo secondo libro. ↩
Dopo il verso 600 è presente nel codice Q un intervallo di due versi, per cui Deufert, come altri, segnala una lacuna, mentre molte edizioni recenti non segnalano alcuna lacuna. In questo caso seguo Deufert, anche per la difficoltà di sedibus con cui comincia il verso 601. ↩
I Coribanti, sacerdoti di Cibele. ↩
I Galli erano quei Coribanti che si eviravano in onore di Cibele. ↩
“Va osservato che i traduttori italiani rendono cymbala con ‘cembali’, che indica il ‘clavicembalo’, il noto strumento a tastiera utilizzato dal Rinascimento alle soglie del Classicismo viennese: qui si tratta di ‘cimbali’, strumenti a percussione probabilmente assimilabili ai ‘piatti’ da orchestra o da banda, ma di dimensioni minori” (Guido Milanese). ↩
munificat tacita mortalis muta salute anche. Questa salus può essere, come interpretano molti traduttori, una guarigione, ciò che i cristiani chiamano grazia; ma può essere anche una conversione interiore. O ancora una conversione interiore innescata da una guarigione. Ho mantenuto dunque il senso stretto di salvezza. Quel muta dà con grande efficacia il senso del rapporto individuale con la dea, pur nel mezzo di una folla. ↩
Secondo il mito Rea, dopo aver partorito Zeus, fuggì a Creta per impedire che Krónos lo mangiasse, come aveva fatto con gli altri figli, poiché l’oracolo gli aveva predetto che sarebbe stato spodestato da suo figlio. I Cureti, un popolo che era approdato sull’isola di Creta dopo essere stato scacciato dall’isola di Eubea, difesero Zeus nel modo descritto da questo passo, ossia coprendo il suo vagito con il rumore delle armi e il frastuono della danza. Qui c’è una sovrapposizione tra i Cureti legati a Rea e i Coribanti legati a Cibele. ↩
Deufert, seguendo i manoscritti, ha dona, e riporta una lacuna dopo il verso. Qui, come molti traduttori, seguo l’ipotesi di Bruno, che legge poma. “Ma il generico in primis pleraque dona, asciutto asciutto, suona poco probabile”, osserva Giussani (I, p. 235), E tuttavia i frutti, come ammette lo stesso Giussani, sono davvero un ottimo esempio di unione di colore, odore e sapore. ↩
Si ripetono qui i versi 336-337 di questo libro. ↩
Dopo il verso 748 molti editori (Munro, Giussani, Ernout, Bailey, Deufert) segnalano una lacuna; alcuni segnalano una seconda lacuna dopo il verso 749, che altri risolvono leggendo in omnis invece di et omnis. Il verso 748 è variamente tradotto: “Or, perch’io già convinco / Che ciò succede, io vo’ mostrarlo adesso” (Marchetti); “Or, dacch’è un fatto che cotesto avviene, / Insegnerò…” (Rapisardi); “Ho provato che questo può darsi: ora insegnerò che è così” (Fellin); “Poiché ho affermato che ciò accade, ora insegnerò come si verifichi” (Canali). ↩
Minerale di colore rosso sangue. ↩
quodam sensu. Annota Giussani: “per una certa maniera di sentire; per una particolare e strana sensazione” (p. 252). ↩
sonitu sterila et suco ieiuna. Ho cercato di mantenere nella traduzione la ricchezza di immagini con cui Lucrezio tratteggia l’assenza di qualità secondarie degli atomi. ↩
I versi 859-861 sono particolarmente involuti. Giussani suppone una lacuna dopo il verso 858. ↩
Dopo il verso 903 W. Christ individua una lacuna. Seguo Munro, che propone di colmarla con il verso: Ipsos sensibili bus, mortalità semina reddunt. ↩
Qui leggo: namque ad nos sensus membrorum respicit omnis. Deufert ha: namque alios… ↩
Epanalessi. ↩
Torna qui l’immagine del versi 919-920 del Libro I. ↩
Nel libro I, vv. 958 segg. ↩
Al verso 1082 leggo genitam (Marullo) e non geminam. ↩
L’immagine della fune d’oro si trova nell’Iliade 8.19. ↩
Leggo vietae. ↩