Manopubbaṅgamā dhammā,
manoseṭṭhā manomayā;
Manasā ce paduṭṭhena,
bhāsati vā karoti vā;
Tato naṁ dukkhamanveti,
cakkaṁva vahato padaṁ.
Sono i versi con cui si apre il Dhammapada: e non sono affatto di semplice traduzione. La difficoltà consiste principalmente nell’individuare il senso esatto di dhamma, termine centrale nella dottrina buddhista, che è appunto il dhamma del Buddha. Dhamma è dunque un insegnamento, quale appunto quello del Buddha, ma può indicare anche i fenomeni mentali o i fenomeni in generale, come anche la natura e il carattere di qualcosa. Qui si tratta di capire se si parla di fenomeni mentali, come i pensieri, o dei fenomeni in generale. Prima di decidere vediamo però cos’è mano. Nelle classificazioni buddhiste, mano fa parte degli āyatana, le dodici basi dei sensi, che comprendono occhio e forma, orecchio e suono, naso e odore, lingua e sapore, corpo e contatto, mente e fenomeni mentali. Questi ultimi sono, appunto, i dhamma; per la precisione, manoviṣaya dhamma.
La mente è dunque un senso. A differenza degli altri cinque sensi, però, non ha a che fare con oggetti esterni, ma con oggetti che sorgono nel campo stesso della mente, come i ricordi, le idee e gli stati mentali di avversione o attaccamento. È chiaro in quale senso questi dhamma siano preceduti dalla mente-_mano_: come l’occhio precede la forma e l’oreccho il suono, così mano precede gli oggetti mentali. Ma il suono sussiste indipendentemente dall’orecchio, e così la forma; invece gli oggetti mentali sono costituiti dalla mente stessa. E dunque:
I fenomeni sono preceduti dalla mente;
la mente ne è la parte principale: sono fatti di mente.
( Seṭṭhā è eccellente, migliore; maya invece è prodotto, creato da. Dunque: i dhamma hanno la mente come elemento centrale, sono prodotti dalla mente.)
E proseguiamo:
Se con una mente corrotta
(uno) parla o agisce
la sofferenza segue
come la ruota del carro segue l’impronta di chi lo traina.
Immaginiamo che i nostri occhi abbiano il potere di generale immagini, di costruire il mondo in cui ci muoviamo; e che costantemente le orecchie sappiano creare i suoi che ascoltano. Non sono sicuro che sarebbe una cosa buona. Con ogni probabilmente saremmo immersi in un mondo infinitamente meno bello di quello che ci circonda, e nulla sapremmo della musica di Buxtehude o di Mozart. Ma questo è ciò che fa in noi la mente. Costruisce di continuo il suo oggetto, quel mondo interiore che in cui siamo costantemente immersi, al punto da identificarlo senz’altro con noi stessi (“Tutto ciò che siamo è generato dalla mente”, traduce Chandra Livia Candiani). E spesso costruisce pessimi mondi, nei quali soffochiamo un giorno dopo l’altro. Di questo si occupa il dharma del Buddha.
29.12.2024