Svaha!

Io, anzi no

Antonio Vigilante, La luna nell’acqua. Una mappa per perdersi nel Dharma del Buddha, Tethis, Torino 2019.

Indice Precedente Successivo

Può essere che le ultime pagine ti siano sembrate ben strane. Abbandonare l’io? Smettere di dire io? Cosa vuol dire? Posso smettere di essere io?

Sì, è sconcertante. Io sono io fin dalla nascita, e io è stata una delle prime parole che ho imparato. Mi hanno insegnato il mio nome e il mio cognome, e da allora queste due parole mi accompagnano. Da quando ho imparato a scrivere, a queste due parole si accompagna un segno: la mia firma. E questo segno lo scrivo quasi ogni giorno da qualche parte. Io dichiaro quanto segue, o mi impegno a, o chiedo di. Tutta la società, a pensarci bene, si basa su questo. Io dichiaro qualcosa e mi assumo la responsabilità di quello che dichiaro. Che succederebbe se dicessi che no, quell’io che ha dichiarato quella cosa in realtà non esiste? Crollerebbe tutto.

Ragioniamo, però. Io ora sto scrivendo. Mi fermo un attimo e ripenso a chi ero molti anni fa, quando avevo cinque anni. Faccio fatica ad immaginarmi. Anche allora ero io, ma ho poco in comune con quel bambino. Dov’è finito? E dov’è finito il me di quindici anni, e di vent’anni? Quello che io sono ora è il risultato di tutti questi io, uno diverso dall’altro, uno dopo l’altro, uno svanito nell’altro, e tutti svaniti nell’io che sono adesso. E, cosa che forse più spaventa, l’io che sono adesso è destinato a sua volta a svanire: e non mi riferisco alla morte, ma a quello che sarò tra dieci anni, o venti, se sarò ancora qualcuno. La morte, così, appare meno spaventosa, o forse appare più spaventosa la vita. In ogni caso, morte e vita non si contrappongono più così nettamente.

Seguimi ancora un po’. Se ora bevessi qualcosa – due bicchieri di whisky, ad esempio – sarei ancora, dopo aver bevuto, lo stesso di prima? E se ne bevessi quattro, di bicchieri? Parlerei allo stesso modo, penserei le stesse cose, avrei la stessa percezione della realtà? E ancora: se prendessi delle droghe, della mescalina, ad esempio? Sarei lo stesso?

Dopo l’ipotetica sbronza mi addormenterei. E sognerei qualcosa. Ma l’io che sogna è lo stesso io che è sveglio? Faccio fatica a riconoscermi nel mio bizzarro me stesso sognante; e tuttavia nel sogno c’è ancora un io. Ma che dire del sonno? Quando sono immerso nel sonno io non sono io, non sono cosciente di me. Sono ancora io? Lo sono, pur senza avere la coscienza di essere me? E tu, chi sei quando dormi?

A quanto pare quell’io che ci sembra così solido è in realtà fragile, mutevole, evanescente. Muore e rinasce a sé stesso di continuo, e periodicamente cade in un abisso di inconsapevolezza.

Sei ancora così sicuro di poter dire io?