Svaha!

Quello che non si può dire

Antonio Vigilante, La luna nell’acqua. Una mappa per perdersi nel Dharma del Buddha, Tethis, Torino 2019.

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“Su ciò, di cui non si può parlare, si deve tacere”, scriveva il filosofo Ludwig Wittgenstein nella conclusione del suo Tractatus logico-philosophicus.1 Ora, giunti alla fine del nobile sentiero in otto parti, dovrei parlarti della sua meta: il nirvana (nibbana in pali). Ma il nirvana è ciò di cui non si può parlare. La parola indica lo spegnersi di una fiamma. Si tratta del fuoco della sofferenza, che è legato all’ardere di quello che siamo: degli aggregati che costituiscono il nostro io. Ora, spenta la fiamma della sofferenza è spenta anche la fiamma dell’io. E restano buio e silenzio. La lingua, la parola appartengono all’io, esprimono una visione del mondo, una interpretazione, una teoria; o celebrano qualcosa. Trasceso l’io, non c’è proprio nulla da dire. Facciamo silenzio, dunque.

  1. L. Wittgenstein, Tractatus logico-philosophicus, 7, Einaudi, Torino 1989, p. 175.