Svaha!

Guardare a fondo

Antonio Vigilante, La luna nell’acqua. Una mappa per perdersi nel Dharma del Buddha, Tethis, Torino 2019.

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Quando siete felici, fateci caso è un libro che raccoglie i discorsi tenuti ai laureandi nell’arco di più di vent’anni dallo scrittore statunitense Kurt Vonnegut; ed è, anche, uno dei titoli più riusciti della letteratura contemporanea.1 Se lo cambiamo leggermente, abbiamo una formula che esprime alla perfezione l’essenza della meditazione buddhista: “Qualunque cosa accada, fateci caso”. Con una precisazione ulteriore: ciò cui bisogna far caso non è ciò che accade fuori di noi, ma ciò che accade in noi. Il nostro stesso accaderci, per essere più precisi.

Questa tecnica di meditazione si chiama vipassana, un termine pali che significa visione profonda. Si tratta di considerare con attenzione quattro cose: quello che accade nel nostro corpo, le nostre sensazioni, i movimenti della nostra mente ed i suoi contenuti. Si medita in posizione seduta, con la schiena ben dritta e una mano poggiata sull’altra, ma non sempre: è possibile meditare anche camminando, facendo le attività quotidiane apparentemente più umili, persino espletando le proprie necessità fisiologiche. L’attenzione diventa una modalità nella quale è possibile entrare in qualsiasi momento.

Si comincia con il far caso all’atto più semplice: il respiro. Respirare facendoci caso. Non si tratta di regolare il respiro, come accade nello yoga pranayama, ma di esserne consapevoli. Quando si inspira, si sa che si sta inspirando. Quando si espira, si sa che si sta espirando. Quando l’aria è nei polmoni, si è consapevoli dell’aria nei polmoni. Alcuni maestri contemporanei consigliano di concentrarsi sull’alzarsi e abbassarsi dell’addome, altri sull’ingresso dell’aria nel naso. Si può scegliere il metodo che si preferisce, l’importante è che si sia consapevoli del movimento del respiro. Questa pratica (che si chiama anapanasati) è il primo passo nella meditazione, ma sarebbe errato considerarla una pratica inferiore, da principianti: è di fatto la base di ogni altra pratica, anche per i meditanti più esperti. Si può meditare per anni, per una vita intera, sul semplice respiro. Puoi anche fare attenzione alle posizioni e alle azioni del corpo. Puoi meditare mentre cammini, concentrandoti sui movimenti delle gambe, o quando sei intento a qualsiasi lavoro, magari una delle tante attività quotidiane che compiamo in modo meccanico. Il corpo va poi considerato nei suoi elementi e nelle parti costitutive: gli organi, i muscoli, le vene, le ossa. Noi che ne sappiamo di più del Buddha possiamo spingerci fino a considerare le cellule, e poi gli atomi. A questo punto viene una pratica che ti sconcerterà: le nove contemplazioni del cimitero. Si considera il proprio corpo come se fosse morto, nelle diverse fasi di decomposizione, fino a quando non restano che le ossa, e poi nemmeno quelle. Si passa quindi alle sensazioni, alla mente e agli oggetti mentali. Quali sensazioni sto provando in questo momento? Sono piacevoli, spiacevoli o neutre? Come è la mia mente in questo momento? È limpida, confusa, agitata o serena? E cosa si presenta in essa? C’è desiderio sessuale? C’è agitazione? C’è indolenza? Diventare consapevoli di queste presenze negative è una parte importante del processo di liberazione. Ma nella mente possono esserci anche fenomeni positivi, come la stessa presenza mentale o la considerazione delle quattro nobili verità.

“Egli dimora libero e nulla brama al mondo”. Così il sutra che contiene la più completa guida alla meditazione, Il grande discorso sui fondamenti della presenza mentale (Mahasatipatthanasuttanta), conclude la presentazione di ogni fase della pratica meditativa. È una immagine di grande forza: un uomo, una donna che in una radura nel mezzo di una foresta, sotto un albero, o in una stanza, o in fondo ad un autobus, su una panca della metropolitana, chiusi gli occhi, mentre il mondo fuori getta loro addosso amore ed odio, successo e umiliazioni, e tanto, troppo rumore, chiudono gli occhi e si sanno liberi.

  1. K. Vonnegut, Quando siete felici, fateci caso, minimum fax, Roma 2015.