Svaha!

Il Maestro e Margherita

Antonio Vigilante, La luna nell’acqua. Una mappa per perdersi nel Dharma del Buddha, Tethis, Torino 2019.

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Il primo giugno del 1310 davanti all’Hôtel de Ville di Parigi un essere umano viene preso con forza, immobilizzato e bruciato vivo. Quell’essere umano è una donna e la sua colpa è quella di aver pensato Dio, anzi fatto esperienza di Dio, in un modo che spaventa.

Quella donna si chiamava Margherita Porete, e non si sa molto di lei. Certo era una donna colta, pare che avesse addirittura tradotto la Bibbia in volgare; l’accusa contro di lei è quella di aver scritto un libro empio, pericoloso, da cancellare. Si intitola Le Miroir des âmes simples anéanties et qui seulement demeurent en vouloir et désir d’amour, ossia Lo specchio delle anime semplici annientate e che dimorano solamente in volontà e desiderio d’amore, più noto come Lo specchio delle anime sempici.

È un libro che parla di Dio, che Margherita chiama Loingprés, Lontanovicino, e della pace, della libertà: e della morte. Parla di una pace completa, totale, radicale, della pace incrollabile di chi ha raggiunto un diverso piano di esistenza. “Que en puis doncques mais, se je vifs en paix?”: che cosa posso farci, se vivo in pace?1 E che viva davvero in pace, in una pace che è al di là di ogni timore, ce lo dice la storia. Messa in carcere per due anni e invitata a collaborare, Margherita evita qualsiasi cedimento, difende la sua verità, anche sapendo di andare incontro al rogo. Non riconosce autorità ai suoi giudici. Nel suo libro scrive che esistono due Chiese, la Chiesa Piccola e la Chiesa Grande. Quelli che la giudicano appartengono alla Chiesa Piccola, la Chiesa inferiore, mentre lei appartiene alla Chiesa Grande, la Chiesa governata dallo Spirito. Quei giudici, verso i quali Margherita doveva provare compassione, non possono farle davvero nulla. Possono bruciare il suo corpo, ma lei è altrove. Lei è oltre.

Nel Miroir _Margherita mostra il percorso che l’ha condotta a questa pace suprema, a questa liberà totale. Ed è un percorso per sottrazione. Una via di negazione, di svuotamento di sé. _Adnientissement de la cognoissance, annientamento della conoscenza2. L’anima attraversa il negativo, e quel negativo assoluto che è la morte. Nul ne gouste de ceste vie, s’il n’est mors de toutes mors, nessuno gusta questa via, se non è già morto di ogni morte3.

Quando è giunta sul rogo, Margherita aveva già attraversato la morte. E per questo nessuno poteva ucciderla.

Non è finito sul rogo ma ci è andato vicino il teologo domenicano Johannes Eckhart, meglio noto come Meister Eckhart: il Maestro. Diciassette sue tesi sono dichiarate eretiche da papa Giovanni XXII nel 1329. Ma Eckhart era morto l’anno prima.

Come Margherita, Meister Eckhart indica una via che porta alla liberazione attraverso ciò che è apparentemente negativo. In uno dei suoi sermoni più profondi, Beati pauperes spiritu, parla della povertà. Della vera povertà, che non consiste nel non possedere beni materiali, ma in qualcosa di più profondo, di una profondità disperante. Essere poveri vuol dire non avere niente, non volere niente, non sapere niente. Significa non volere nemmeno Dio. Non voler nemmeno fare la volontà di Dio. “Perciò preghiamo Dio di diventare liberi da Dio”, dice4. E possiamo immaginare lo sconcerto dei suoi ascoltatori. Cosa vuol dire diventare liberi da Dio? Perché liberarsi da Dio? Perché, spiega il Maestro, esiste Dio solo in quanto esiste l’io. In origine non c’erano né Dio né io. C’era il puro essere. Da questo puro essere l’uomo si è distaccato, ed allora è nato l’io, e insieme all’io è nato Dio. Il Dio che gli uomini pregano, di cui vogliono fare la volontà – e nel cui nome, aggiungo, uccidono. Prima, Dio non era Dio. Dio, dice Eckhart, “era quello che era”5.

Può essere che mi sbagli, ma mi pare che Eckhart vada oltre Margherita Porete. Margherita ha ancora un nome per indicare Dio. È un nome paradossale, Lontanovicino, ma è pur sempre un nome, e i nomi sono fonte di attaccamento. Il Dio di Eckhart è un Dio che si sottrae definitivamente, un Non-Dio che non ha nome, un puro oltre cui si giunge attraversando fino in fondo la negazione.

Cosa c’entra questo con il Buddha? Te lo spiegherò: ma prima voglio parlarti anche di al-Hallaj.

  1. M. Porete, Lo specchio delle anime semplici, San Paolo, Cinisello Balsamo 1994, cap. 68, p. 303. 

  2. Ivi, cap. 59, p. 285. 

  3. Ivi, cap. 53, p. 271. 

  4. Meister Eckhart, I sermoni, Paoline, Milano 2002, Sermone 52, p. 391. ↵ 

  5. Ivi, p. 391.