Svaha!

Lev

Antonio Vigilante, La luna nell’acqua. Una mappa per perdersi nel Dharma del Buddha, Tethis, Torino 2019.

Indice Precedente Successivo

Proseguo la mia divagazione; ti prometto che poi passo subito a parlarti del sentiero. Voglio dirti di un altro scomunicato, questa volta non ebreo, ma cristiano ortodosso. Mi è venuto in mente mentre scrivevo di Spinoza che lavora come intagliatore di lenti. Perché anche lui, benché fosse uno dei maggiori scrittori di ogni tempo, famosissimo e grandemente onorato, si dedicava a lavori manuali, quelli che una antica tradizione calunnia come antispirituali, inadatti ad un uomo colto. Lui riteneva, invece, che fosse un preciso dovere di ognuno dedicarsi anche a lavori manuali. Nella società in cui viviamo, pensava, alcune persone hanno tempo e risorse per dedicarsi allo studio, mentre altre persone sono condannate al lavoro manuale. È una situazione di evidente ingiustizia, che può essere superata solo se tutti si incaricano anche del lavoro manuale, consentendo agli altri, alleggeriti dal peso, di scoprire la vita culturale e spirituale.

Lo scrittore scomunicato è Lev Tolstoj e ti ho già un po’ parlato di lui. Per tutta la sua vita fu tormentato dalla ricerca del giusto modo di vivere, che in lui è sempre legata a un altro problema: quello della ingiustizia e della violenza sociale. La conclusione cui giunse è che le due cose sono intimamente connesse. Che, cioè, creiamo una società sbagliata ed infelice perché viviamo una vita sbagliata, e dunque infelice. I principi fondamentali, semplici e alla portata di tutti, li trovò nel Vangelo: amare il prossimo, non fare violenza, stare con i poveri. Ma si accorse presto che coloro che si dichiaravano cristiani facevano ben poco per mettere in pratica questi principi, e che tutta la società russa, pur formalmente improntata a quei principi ne rappresentava la negazione, anzi il rovesciamento sistematico.

Nel marzo del 1887 presentò le sue idee alla Società di psicologia di Mosca. Disse che ognuno di noi vive per sé stesso, seguendo il suo bene personale, e che per questo siamo disposti anche a distruggere l’altro. Siamo tutti contro tutti, e questa è la ragione della infelicità universale. Perché se anche gli altri vogliono solo, ferocemente, il loro bene personale, allora per loro io sono un nemico. Sono zero. La società è un insieme di infiniti che sono zero l’uno per l’altro. Da questa dolorosa contraddizione si esce solo in un modo, ed è quello del Vangelo: amare l’altro prima di sé. In questo modo ci sarà amore per tutti. Nelle sue parole si tratta di una conversione dalla individualità animale, che ci porta a cercare ciecamente il nostro vantaggio, alla coscienza razionale, che ci fa sentire che l’altro è come noi, che è, per dirla con Spinoza, un modo della medesima Sostanza. Come per Spinoza, per Tolstoj non si tratta che di seguire la ragione: “Nell’adempiere a questa legge, nel sottomettere ciò che vi è in noi d’animale alla legge della ragione per conseguire in tal modo il bene, consiste appunto la nostra vita”.1 La conferenza fu poi pubblicata con il titolo Della vita, ma tutte le copie furono confiscate dalla censura religiosa. Nel 1893 pubblica Il Regno di Dio è dentro di voi.2 È una critica durissima delle classi dirigenti russe e del clero ortodosso, che sfruttano le masse contadine usando la religione come strumento di sottomissione. Ed è un appello alla ribellione nonviolenta, in nome dello stesso Vangelo quotidianamente tradito dalla Chiesa ortodossa. Quella Chiesa che all’esordio del nuovo secolo, nel 1901, lo scomunica.

Tolstoj studiò non poco il messaggio del Buddha. Era convinto che i grandi saggi (Zarathustra, il Cristo, il Buddha, Confucio, Lao Tze) abbiano mostrato all’umanità la via, ma che il loro insegnamento, semplice ed alla portata di tutti, sia stato poi sistematicamente stravolto, rovesciato, deturpato e ridotto a superstizione e strumento di dominio.

  1. L. Tolstoj, Della vita, Mondadori, Milano 1991, p. 92. 

  2. L. Tolstoj, Il Regno di Dio è in voi, Manca, Genova 1988.