Svaha!

Lignaggio

Antonio Vigilante, La luna nell’acqua. Una mappa per perdersi nel Dharma del Buddha, Tethis, Torino 2019.

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Abbiamo incontrato più volte il Buddha nell’amato boschetto di Jeta, vicino la città di Savatthi. Ora lo ritroviamo invece in un luogo chiamato suggestivamente Picco dell’avvoltoio, una altura non lontana dalla città di Rajagaha. Qui il Buddha tiene un discorso un po’ diverso dagli altri. È un discorso non fatto di parole, e tuttavia profondo: il Buddha mostra un fiore. Null’altro. Cosa vuol dire un fiore? Quale è il suo significato? A quale altro rimanda? O non sarà, il suo significato, nel non significare, nell’essere semplicemente qui ed ora? Cos’è un fiore? Qualcuno tra coloro che lo ascoltavano comprese profondamente quello che voleva dire ed espresse questa comprensione nell’unico modo possibile: sorrise. E il Buddha riconobbe in lui il suo autentico successore.

La storia in realtà non si trova nei testi più antichi ed appartiene alla tradizione tarda del buddhismo zen. Il discepolo che sorrise si chiamava Mahakassapa e divenne effettivamente il successore del Buddha nella guida della comunità, anche se probabilmente in modo molto meno poetico. Più che un fiore, a dargli autorità fu un abito: il vestito di stracci del Buddha, che aveva ottenuto proponendogli uno scambio con il suo.

Dopo la morte del Buddha, Mahakassapa si presenta alla comunità dei monaci e, forte di quel gesto che considera una sorta di investitura, si impone come nuova guida. Nella ricostruzione che ne fa Stephen Batchelor, il principale rappresentante del buddhismo secolare (di cui ti parlerò), si trattò di una lotta per il potere, nella quale – come sempre accade nelle lotte per il potere – vinse il più aggressivo e determinato.1 Apostrofato come “ragazzo” (abbiamo visto che aveva ormai circa cinquant’anni), Ananda si trova a difendersi da accuse singolari, come quella di non aver chiesto al Buddha di restare sulla terra ancora un po’. Una accusa particolarmente feroce e ingiusta, perché a tutti era ben nota la dedizione che aveva per il Buddha. Nel Mahaparinibbanasuttanta lo vediamo piangere, disperarsi per la morte imminente del Buddha. Ed è questo il problema: è umano, troppo umano. In un consesso di severi asceti, l’eterno ragazzo Ananda non nasconde la propria fragilità. E quando lo accusano ingiustamente, non si difende. Ammette colpe inesistenti ed esce di scena, lasciando campo libero a Mahakassapa.

Con Mahakassapa comincia il lignaggio, la successione secolare di patriarchi e maestri che dal Buddha giungerebbe fino ai giorni nostri. Uso il condizionale, perché molti anelli di questa lunga catena sono storicamente poco attendibili. È qui la ragione per la quale Batchelor si sofferma sullo scontro tra Mahakassapa e Ananda. Esiste davvero un lignaggio? Il Buddha voleva costituisce una discendenza, oppure istituire una comunità libera di persone che vivono secondo il Dharma? Ed essere buddhisti oggi vuol dire, dunque, inserirsi in questa successione, oppure interrogarsi su come è possibile, nella società attuale, vivere il Dharma? Torneremo sulla questione. Vediamo intanto ancora un po’ cosa succede dopo la morte del Buddha.

  1. S. Batchelor, Dopo il buddhismo. Ripensare il dharma per un’epoca laica, Ubaldini, Roma 2018, cap. 10.