Antonio Vigilante, La luna nell’acqua. Una mappa per perdersi nel Dharma del Buddha, Tethis, Torino 2019.
Indice | Precedente | Successivo |
Passeggiando lungo la spiaggia tra Crotone e Sibari, una mattina Pitagora si imbatte in alcuni pescatori che stanno spingendo la barca in mare. Per impressionarli o per giocare un po’ dice loro che è in grado di prevedere quanti pesci prenderanno. I pescatori sono scettici. Giamblico, che racconta l’episodio nella sua Vita di Pitagora 1, non lo dice, ma sono sicuro che lo prendono anche un po’ in giro, dandogli del matto. In ogni caso si lasciano convincere a scommettere: se la sua predizione sarà esatta, faranno tutto ciò che ordinerà. Sarebbe stato bello vedere le loro facce quanto, tornati in spiaggia, contano i pesci e constatano che sono esattamente quanti aveva predetto Pitagora. Non uno di più, non uno di meno. Cosa chiederà ora Pitagora? Un altro uomo, in un altro tempo, avrebbe detto: lasciate tutto e seguitemi. Pitagora è meno esigente, si limita a chiedere di liberare i pesci nel mare, restituendo loro la vita e la libertà. Poi, affinché non tornino a casa a mani vuote, paga loro il prezzo di tutti i pesci pescati.
Un altro giorno2 si imbatte (questa volta in Puglia) in un’orsa feroce, che ha ammazzato un bel po’ di gente. La avvicina con tenerezza, l’accarezza a lungo, le dà da mangiare focacce e frutta e le fa giurare di non toccare più alcun essere umano. L’orsa di allontana nei boschi e da allora smette di essere un pericolo.
Quest’ultimo miracolo ricorda un po’ la conversione di Angulimala, che in effetti è presentato come un animale feroce, ed anticipa, diciamo così, il miracolo che farà Francesco d’Assisi con il lupo di Gubbio.
Nella storia di Angulimala abbiamo incontrato diverse cose strane. È strano, ma in fondo possibile, che un feroce criminale si converta; è strano, ed impossibile, che uno che cammina piano non sia raggiunto da uno che corre; ed è assolutamente impossibile che un bambino deforme guarisca all’improvviso. I sutra buddhisti sono pieni di queste cose: miracoli o semplici effetti speciali, diciamo così. Alcune di queste stranezze hanno una finalità pedagogica. L’immagine del Buddha che non può essere raggiunto da Angulimala è fortemente suggestiva e fa riflettere. È una immagine falsa, ma al tempo stesso conduce ad una qualche verità. La storie di Pitagora hanno una poesia tutta loro e mostrano la via della nonviolenza nei confronti del mondo animale (una via che in occidente è un sentiero appena tracciato, e per lo più accidentato). Altri miracoli sono ostentazioni di potenza e mostrano il carattere particolare del Buddha, che ha raggiunto una condizione che è superiore anche a quella degli dei.
Molta gente è affascinata dai miracoli, in molti altri invece suscitano forti imbarazzi. La teologia cristiana contemporanea ha dovuto fare i conti con i caratteri mitici del Vangelo, sempre meno proponibili in un’epoca in cui prevale una mentalità scientifica. Rudolf Bultmann, uno dei maggiori teologi del Novecento, ha parlato di demitizzazione, e molti altri teologi, pensatori o semplici credenti si muovono nella stessa direzione.
Nel buddhismo le cose sono più semplici. È possibile eliminare tutti gli aspetti mitici e miracolistici (spesso superstiziosi) che si trovano nei testi buddhisti senza che l’essenza della dottrina, il Dharma, cambi di una virgola. Sei libero di abbandonarti al meraviglioso, di considerarlo una semplice nota di colore o di rigettarlo come una scoria da cui bisogna ripulire l’essenza del Dharma. Un problema più complesso, di cui ci occuperemo, riguarda quegli aspetti del Dharma che non appaiono giustificabili razionalmente.