Svaha!

Oltreio

Antonio Vigilante, La luna nell’acqua. Una mappa per perdersi nel Dharma del Buddha, Tethis, Torino 2019.

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Da qualche secolo i filosofi non hanno più una grande influenza sulla società. I loro libri risultano per lo più incomprensibili e ancor più incomprensibili risulterebbero le loro dispute, se non fossero confinate nelle aule delle università. C’è qualche eccezione. Nel 1882 il filosofo tedesco Friedrich Nietzsche pubblica un’opera, La gaia scienza, nella quale compare un personaggio, un folle, che annuncia la morte di Dio. O meglio: la sua uccisione. “Dio è morto! Dio rimane morto! E noi lo abbiamo ucciso! Come possiamo consolarci, noi assassini di tutti gli assassini!” Nietzsche era convinto che il suo annuncio fosse destinato a incontrare stupore e incomprensione. Fa dire al folle: “Il mio tempo non è ancora venuto. Questo immenso avvenimento è ancora in cammino e va errando, − ancora non è penetrato nelle orecchie degli uomini”.1 Si sbagliava. Quell’annuncio ebbe enorme successo, perché la morte di Dio era sotto gli occhi di tutti, e negli anni seguenti avrebbe acquistato sempre maggiore evidenza. La società europea ed americana sono diventate sempre più secolarizzate, funzionano senza alcun riferimento religioso, e il sacro è un aspetto dell’esperienza sempre più marginalizzato. Per i credenti naturalmente Dio non è morto: è la società che si è allontanata da Dio. Di qui un atteggiamento sdegnoso di condanna del mondo moderno e dei suoi aspetti culturali, come il relativismo, il razionalismo, il valore dell’individuo. Per altri, invece, secolarizzazione e morte di Dio sono realtà con le quali la religione deve confrontarsi a fondo. Credere in Dio nell’epoca della morte di Dio è una sfida grazie alla quale la religione può diventare adulta, liberandosi dal mito e dalla superstizione. Teologi come Dietrich Bonhoeffer, Thomas Altizer, Harvey Cox, Don Cupitt e Sergio Quinzio hanno tentato questa via. Cupitt, che rigetta come mitica l’incarnazione e la resurrezione di Cristo, ha influenzato profondamente Stephen Batchelor, che tenta di compiere una operazione simile in campo buddhista. Ma c’è una differenza importante. Il buddhismo ha già provato più volte, nella sua storia secolare, le forme più dure di demistificazione, è passato attraverso la dialettica implacabile di Nagarjuna e i paradossi di Lin-Chi, ha relativizzato il Buddha, i sutra, il Dharma stesso. Si può dire che sia sempre stato, o che sia da molto tempo, una religione secolare.

Il filosofo giapponese Hisamatsu vedeva nella morte di Dio e nell’ateismo il fenomeno più significativo del mondo moderno. Ma cosa viene dopo la religione? Storicamente, la società della morte di Dio afferma l’autonomia dell’umano e celebra la liberazione dalle antiche dipendenze religiose. Ha fiducia nella ragione e nella scienza, è ottimistica e positiva, ma ha una fragilità di fondo, dovuta al fatto che è costretta a cancellare la negatività, a fingere che non esista: a rimuovere, semplicemente, la morte. C’è allora, per Hisamatsu, da compiere un terzo passo, che non è il rifiuto della modernità, ma il suo compimento: dopo aver negato Dio, bisogna portare la negazione fino in fondo, far esplodere, per così dire, il negativo, e solo dopo averlo attraversato si potrà conquistare una positività più alta e più vera. Bisogna passare, dice Hisamatsu, per la grande morte, la negatività assoluta, affinché possa sorgere il vero Sé e possa essere conquistata la grande vita. Questo modo nuovo di essere è al tempo stesso religioso ed ateistico, è una “fede autonoma” che conduce l’uomo alla sua natura più autentica (fa di lui un Buddha) liberandolo da qualsiasi dipendenza esterna.2 Nietzsche parlava di Übermensch, termine che è stato inteso come Superuomo, colui che realizza sé stesso libero dall’impaccio della morale tradizionale, ma è piuttosto, ad una considerazione più attenta (che dobbiamo a Gianni Vattimo), un Oltreuomo, un nuovo tipo umano che si afferma dopo la crisi dell’uomo moderno. Dal punto di vista di Hisamatsu questo Oltreuomo non è che il Buddha che ognuno di noi può essere. L’oltreio.

  1. F. Nietzsche, La gaia scienza, 152, in Id., Opere, vol, I, UTET, Torino 2002, p. 207. 

  2. Hisamatsu H. S., Una religione senza Dio. Satori e ateismo, il melangolo, Genova 1996, p. 71.